20.2.08

I want to erase architecture.

Questo era il titolo (rubato a Kenzo Tange) che, alcuni giorni fa, ero decisa a dare ad un post il cui concepimento andava definendosi a partire - ovviamente - da certe vicende personali che negli ultimi tempi avevano ingenerato in me svariati dubbi ed inquietudini riguardo la nostra amata materia.
Sarebbe dovuta essere, in sostanza, una specie di invettiva home-made, di quelle di cui solo si riempie la rete, potremmo dire, quando c'è da parlare di architettura da parte di voci in vario grado addentro al settore. Una invettiva alla mia maniera, naturalmente; ma pur sempre un'invettiva, con tutto ciò che questo comporta ma, soprattutto, con tutto ciò che questo non comporta, in termini qualitativi.
E invece, il passaggio per le mie mani dell'ultimo Casabella ha fatto scatutire una subitanea inversione di tendenza nello stato d'animo di fondo alla mia titubante quotidianità.
Aprire l'omaggio a Pagano è equivalso, per me, all'essere investita da un inesplicabile groviglio di sensazioni tra le quali distinguo a fatica orgoglio, terrore, affetto e riverenza e che nell'insieme di tutte mi hanno rovistato nel profondo fino a causarmi evidenze di un certo effetto anche a livello fisico.
Pagano era un poeta. Una gioia incontenibile ha accompagnato questa mia scoperta. Architettura e parole, architettura di parole, parole di architettura: è stato possibile: è stato reale: è ancora meraviglioso. Il mio desiderio ha una correspondance in un altro intelletto. E quale! C'è ancora speranza.
Penso a Pagano e agli altri e vedo in loro quello che esigo dall'architettura oggi, probabilmente invano. Lo scioglimento del conflitto tutt'altro che eterno - secondo me recentissimo - tra (grande) Architettura e (grande) Ingegneria, tra (grande) Architettura e (grande) Urbanistica, tra arte altissima e mestiere nobilissimo, un conflitto che è lì come se l'architettura si fosse ritagliata attorno un fossato di cocci di specchi e ringhiasse rabbiosa e vana all'invisibile nemico, in realtà da se stessa accecata e da nessun altro.
Non tollero più (e dire "più" prima ancora di poter partire ha quasi un che di ironico) che il rapporto millenario tra le parti sia ridotto ad una serie di beghe da pollaio che fa dell'Architettura un'aporia continua, dove dovrebbe farne invece il luogo di un Aufhebung trionfante sebbene mai autoreferenziale.
Penso, ancora, a quel vizio di vanità (s'intenda nel significato etimologico) diffusa tra gli studi, nelle scuole; guardo gli appunti di Pagano e constato che, se pure letti così come sono, nell'assoluta mancanza di una sintassi qualechessia, supererebbero in contenuti e persino in forma l'insieme di tutte le conferenze e di tutti i discorsi che ci è dato di ascoltare allo stato dei fatti, anche dalle più illustri bocche. Non si ha più nulla da dire e lo si dice ugualmente; mi meraviglio che si scrivano ancora saggi, e quanti, e con quanta penuria di significato.
Chi fa il danno peggiore? Chi, a tutti i livelli, castra nel nome soffocato di un contegno insignificante il desiderio di tragedia che serpeggia ovunque si concentrino intelletto e stomaco, pensiero e membra, carni, unghie. Se questo sentimento sia popolare o meno, non sono in grado di dirlo. Che nasca da meccaniche divine è certo.

Insomma, pare che di invettiva si sia trattato ugualmente, alla fine dei conti. Pazienza.
Ah, quanto al numero 763 di Casabella, beh, è chiaro che non l'ho nemmeno letto. Lo farò, ovviamente. Ma mi farà cambiare avviso?
Sia benedetto il sangue,
Maat

18.2.08

Frankie goes to Weimar

«Parlare di musica è come ballare di architettura», diceva Frank Zappa, mandando (giustamente?) in vacca decenni di critica contemporanea e secoli di storia della musica.
Quello che Frankie, però, probabilmente non sapeva è che in qualche modo un cinquantennio prima Oskar Schlemmer, effettivamente, era riuscito a far ballare di architettura, o quantomeno a far ballare l'architettura, o a farla muovere in maniera più o meno inquietante su un palco teatrale.
A novant'anni da ciò, dei simpatici pargoletti di un giovane studio di architettura scrivono canzoni pseudo-ironiche a tema architettonico-urbanistico. Potete visitare il loro blog, ed ascoltare le loro composizioni grazie al cacchietto di radioblog in alto a destra.
Qualche mutazione genetica deve aver colpito il genere umano, nel frattempo...

17.2.08

Lasciare l'impronta non è sempre bene...

Calcolate la vostra impronta ecologica (in genere si valuta in kmq, quelli necessari a produrre il cibo che consumiamo ed a smaltire i rifiuti che produciamo in un anno; in questo caso, l'impronta viene stimata in emissioni di anidride carbonica per anno) grazie a questo sito. Scoprite quanto pesate sull'equilibrio planetario e come migliorarvi un po'. Se non conoscete alcuni indicatori, potete usare delle medie, ma tenete conto che sono basate su standard, se non ho capito male, canadesi. In ogni caso, tenete conto che le unità di misura sono quelle anglosassoni e non quelle del sistema metrico decimale.
Il mio risultato è: 7,2 tonnellate di CO2/anno, che potrei, con qualche sforzo, ridurre a 4,9. Sigh.



15.2.08

Sudafrica liquido

Marlene Dumas è un genio. È una Francis Bacon diluita nell'acquerello, e resa trasparente.
Quando Skira si deciderà a pubblicare il catalogo della mostra a titolo Artempo che c'è stata a Palazzo Fortuny (Venezia) quest'estate, sarà sempre tardi. Sono mesi, porca miseria...

13.2.08

Che poi significa "alto masticamento"...

In gentile omaggio ad un acquisto fatto su ebay, mi sono arrivate queste caramelle statunitensi.
Prima che io riuscissi a convincermi che, nonostante la consistenza inquietante, l'assenza di gomma arabica ed altri simili addensanti facesse effettivamente di questi parallelepipedini lilla delle caramelle e non delle gomme da masticare, me ne son dovute mangiare un paio e testare personalmente che non sussistevano effetti nefasti sul mio apparato gastrointestinale.
C'è anche chi mi ha suggerito, temendo l'attentato, di sbarazzarmene all'istante, o chi, ben gentile, ha preferito lasciare a me l'onore di provare la prima (che non si sa mai).
Tuttavia, questa indagine approfondita mi ha permesso di dedurre con certezza che fanno decisamente schifo. Avete presente le penne colorate e profumate che usavamo da piccoli? Queste diaboliche caramelle hanno il sapore di quell'odore. Un sapore lilla.
Chimica pura. E fanno pure pena. Ma ciò non toglie, ovviamente, che me le mangerò tutte.
Che volete, non posso resistere alle toffee.

HI-CHEW. Yeah.

12.2.08

Into the night

È l'una, domani ho la levataccia, sono sotto esame, non ho ancora risposto a nessuno dei vostri commenti e l'ora tarda che farò genererà in me sensi di colpa tali che di certo non mi deciderò a farlo prima di domani sera; ma ho visto Into the wild, ed ho bisogno di scrivere.
Probabilmente non dirò molto. Comprendere questo film o, no, comprendere piuttosto l'urlo di Chris/Alex, significa non aver bisogno di parole per trasmetterlo. Significa fissare la telecamera per qualche fuggente secondo e col solo sguardo dire: "questa è una telecamera, perché questo è un film. Ma c'è stato qualcuno, almeno uno, per cui tutto questo non è stato un film. Qualcuno che tu capisci".

To put meaning in one's life may end in madness,
But life without meaning is the torture
Of restlessness and vague desire --
It is a boat longing for the sea and yet afraid.

[da Edgar Lee Masters, George Gray, in Antologia di Spoon River]

11.2.08

Ri-belle notizie!

Sabato 16 febbraio, dalle 19.00, si inaugura RIBELLE, spazio di espozione e vendita di oggetti d'arte e artigianato realizzati in materiali riciclati e di riuso, e di promozione della cultura del "non consumo"!
RIBELLE si trova a Bari vecchia, alle spalle della cattedrale, vicino alla Biblioteca Provinciale De Gemmis presso l'ex convento Santa Teresa dei Maschi.
Ecco l'invito.

10.2.08

Lo chef consiglia...

... di partecipare al
contest poetico-letterario:
CADAVERE SQUISITO IN RETE, tutti i particolari in cronaca (sarebbe: nel link!).


Inoltre, altre novità, ahimè (?), meno virtuali:

Bari - dal 9 al 22 febbraio 2008
Katherine Wright - Mura e mari | GALLERIA LINEA D'ARTE

Importante acquerellista ed illustratrice architettonica ha trovato nel suoi viaggi una nuova dimensione di colore, spontaneità e spirito in opere che recuperano il rapporto originale con la natura nei luoghi e si contrappongono ai ritmi frenetici cittadini

6.2.08

Critiche di... facciata


Allora, non è questione di Grillo sì o Grillo no. Ascoltare del qualunquismo con basi culturali nulle mi fa girar le scatole in generale, e di più quando si parla di Architettura.
L'Architettura è la più snobbata delle arti, la meno nota al grande profanus vulgus? Un tempo, forse. Ma di quel tempo è rimasto metà del corredo genetico, quello che ancora fa dire al signor Bianchi che il moderno è uno schifo (così, tout-court), che cemento è demonio, che, Le Corbusier? Wright? sì, ma... spallucce; ed ecco che è facile sparare a zero, e che ci vuole. «I bravi architetti ci sono, ma bisogna farli parlare!». Ah bravo, grazie. E ce li suggerisci tu quali sono, Beppe? Tu che disprezzi con così gran cognizione di causa il Guggenheim di Barcellona di... dunque... Paul Gehry? Con poi battute che erano inflazionate già quando almeno cinque anni fa ci ironizzavano su i Simpson. E dire che io Gehry lo odio.
E non è da meno Majowiecki, professore allo IUAV che si riduce alla più gretta sparatoria formale generalizzata dicendo che «si dimenticano le funzioni, si fa solo scenografia». E certo, perchè si vive bene sono nei parallelepipedi, anzi, meglio se cubi; di mattoni, è chiaro, con una porta e una finestra. Posso solo immaginare che grande impianto teorico possa star dietro a questa sequela di gratuita immondizia sparata sui poveri, ignari spettatori.
Non sono le istanze formali che vanno contestate all'Architettura contemporanea, brutti imbecilli. È lo starsystem architettonico in sè, la cui esistenza è nota ormai a chiunque, a certa prova, appunto, dell'espandersi della cultura architettonica al di fuori della ristretta cerchia degli adepti del settore; ma è un espandersi superficiale e spocchioso, quell'altra metà cromosomica che fa il paio con la prima, un'Architettura portata a status-symbol borghese, borghesissimo, con nessun pathos e tutta etichetta, solo - metafora calzante - di mera facciata.
Certo, è colpa del settore stesso, che probabilmente è così che vuol vendersi; si veda il look iperpatinato delle riviste (segnalo, su questo argomento, il video "Clip, stamp, fold" che potete vedere in questa sezione - cercatelo nella mischia di link, in ordine alfabetico, oppure usate il motore di ricerca interno - del bellissimo sito ultrafragola.com, che consiglio a tutti di tenere sotto il cuscino) e la medesima tensione alla vanità e alla reciproca masturbazione dei componenti del gotha dell'ars aedificatoria.
È quando si sfora sui budget, questo sì, che fa degli architetti delle primedonne auto-autorizzantisi a qualsiasi cosa pur di permeare di sè il mondo.
Potrebbe persino essere un problema formale, a volte, perchè certo, non tutte le soluzioni sono giustificate da ogni contesto (e su questo, e sul gran vizio dell'Architettura contemporanea di essere - tendenzialmente - aspecifica rispetto ai luoghi in cui si inserisce e malata di "internazionalismo", si potrebbe dir molto, addirittura troppo) o da valori intrinseci che non siano mirati alla sola stravaganza; ma non è certo Grillo a potermene parlare, dall'alto del suo sapere architettonico e, di più, della sua indubitabile esperienza in fatto di infrastrutture ed urbanistica: mi risparmierò commenti su quanto detto al minuto 7:34 del video. A chi, infatti, non sembra palese come a Beppe che connettere una stazione con uno snodo automobilistico (a prescindere dal fatto che sia a Venezia o meno, perché la critica trascende il contesto - giusto per non ricadere nell'errore dei criticati, si noti) sia cosa folle ed inutilissima? Ma certo Beppe, come no. Perché, a te, i bagagli di tua madre quando arriva col treno li porta a casa qualcun altro, probabilmente.
Per non dire delle vignette sui ponti, patetico siparietto la cui onestà intellettuale mi fa rimpiangere quella delle ultime campagne elettorali.
Grillo, per pietà e per il tuo stesso orgoglio personale, non metter più bocca dove non sai che dire; o se vuoi farlo, e mandare qualcuno a fanculo con cognizione degna, vacci prima un po' tu. A studiare, intendo.

3.2.08

Il piatto del giorno

Bari - dal 2 al 9 febbraio 2008
Settimana Croata a Bari: arte e non solo arte | FORTINO SANT'ANTONIO

Il 2 Febbraio ore 21,00 presso il Fortino S. Antonio di Bari si apre la manifestazione settimana Croata a Bari.
Differenti modi di fare arte, di guardare una terra verrano fuori da questa manifestazione.

Bari - dal primo al 17 febbraio 2008
Luigi Filograno - Sospensioni celesti | GALLERIA BLORG

Si evidenzia maggiormente in questa esposizione il contrasto tra le sue precedenti opere: eleganti e leggere rappresentazioni di funamboli, atleti e danzatori, in equilibrio in un vuoto monocromo, ora vengono poste in contrapposizione a minacciose macchine da guerra.

Bari - dal 7 febbraio al 10 marzo 2008
Bari tra Venezia e Bisanzio. Lo Spazialismo di Licata e Morandis | CASTELLO SVEVO

La mostra presenta le opere pittoriche di Riccardo Licata (nato a Torino nel 1929; vive e lavora tra Parigi e Venezia) e Gino Morandis (nato a Venezia nel 1915 e morto nella stessa città nel 1994).

Recitato (un atto di accusa e un'invocazione)

«Ascolta
una volta un giudice come me
giudicò chi gli aveva dettato la legge:
prima cambiarono il giudice
e subito dopo
la legge.

Oggi, un giudice come me,
lo chiede al potere se può giudicare.
Tu sei il potere.
Vuoi essere giudicato?
Vuoi essere assolto o condannato?»

[da Sogno numero due, in Storia di un impiegato, Fabrizio de André, 1973]
[Ogni riferimento a fatti o persone della cronaca contemporanea è puramente indignato ed intenzionale.]