30.4.08

Good news

Sono lieta di annunciare l'appuntamento segnalato dagli amici della nuova bottega del riuso aperta a Bari vecchia. Ne avevamo già parlato, ricordate?

RI-BELLE presenta:

"E' L'ORA DELLA RICREAZIONE!" incontri, arte, musica sul tema del riuso creativo Auditorium Vallisa, 2-8 maggio 2008

Cooperative, associazioni e singoli raccontano la propria esperienza di riuso dei materiali, autoproduzione e recupero di beni a partire da ciò che solitamente è considerato scarto. Questa pratica, da sempre presente nei mestieri tradizionali come arte antica del sapersi arrangiare, è andata progressivamente perdendosi nel tempo, rappresentando di fatto per il nostro territorio un elemento di impoverimento culturale.

La ricreazione evoca un momento di gioia e svago, è un' isola di tempo felice che tutti dovrebbero ritagliarsi durante la giornata; la ricreazione coincide anche con il concetto di creatività che Ri-belle vuole promuovere: un distacco dalla routine e dalla noia, dal razionale e dagli impegni, la capacità di vedere gli oggetti e i materiali fuori dalle loro funzioni consuete (Ri-belle è immaginare ovunque il bello, convincersi che può esistere e impegnarsi per realizzarlo attribuendo valore a ciò che sembra non avre più alcuna utilità).
PROGRAMMA:

Venerdì 2 maggio, h 18.00

Tavola rotonda sul riuso creativo a cui interverranno:
-Ribelle
-Assessorati del comune di Bari a Pubblica Istruzione, Formazione ed Ecologia
-Coop. sociale Ecopolis, Bari
-Coop. sociale Zingari59 di Roma
-Associazione culturale Occhio del Riciclone, Roma,
-Coop. sociale Binario Etico, Roma
INAUGURAZIONE DELLA MOSTRA DEGLI ARTISTI E ARTIGIANI DEL RIUSO (apertura: 2-8 maggio, h 18-22)

Sabato 3 maggio

h 9.00 - 13.00
Laboratorio con i bambini della scuola Elementare Piccinni di Bari di autocostruzione di strumenti musicali con materiali di recupero a cura del maestro Daniele Sarno; a conclusione del laboratorio esibizione musicale aperta al pubblico (h 12.00)

h 18.00
Performances e installazioni artistiche

h 20.00
"Percussioni Trash" by Luigi Morleo

***

E in più:

Bari - dal 19 aprile al 9 maggio 2008
Salvatore Saccà - La guerra degli Dei | GALLERIA LINEA D'ARTE

L'artista rappresenta l'essere caosmico dell'esistenza guidandoci verso il mistero della vita

Bari - dal 24 aprile al 24 maggio 2008
Caterina Arcuri - Ekphrasis. Opere 2006-2008 | MUSEO NUOVA ERA

Caterina Arcuri espone la sua più recente produzione artistica (fotografia, opere plastiche e video) “che nasconde o si svela in racconti leggeri – come scrive in catalogo Tonino Sicoli – dove il corpo è sempre protagonista di una folata di sguardi e di ricordi, come in una danza del linguaggio che sfiora il significato.

28.4.08

In memoria di


«Se dovessi rivolgermi alle “nuove generazioni”, direi quanto segue:
1 Evitate di frequentare l’università, ormai istituzionalizzata e burocratizzata. L’architettura non può che essere fuori degli atenei.
2 Sospettate di chiunque parli di “cultura del progetto”. È un alibi evasivo di comodo. L’unica cultura valida è quella dell’architettura.
3 Diffidate non solo di dogmi e idoli, ma anche di filosofeggiamenti pseudo-super-strutturali, che caratterizzano la maggior parte dei discorsi a tempo perso che si fanno nei corsi di progettazione.
4 Puntate sul linguaggio, in alto, in basso e al centro. Per chiarezza: in alto, Frank Lloyd Wright; in basso, Frank O. Gehry; al centro, Günther Behnish. Comunicazione poetica, comunicazione in gergo e comunicazione letteraria moderna.
5 Confidate nel nuovo, nella modernità rischiosa, nella modernità “che fa della crisi un valore”. Pertanto smettete di sottolineare quanto di vecchio c’è nel nuovo, e riconoscete invece quanto c’è di autenticamente nuovo. La nostra cultura è gremita di valori “in sospeso”, virtuali, non sviluppati, da afferrare e far vivere.
6 Cercate di disegnare meno possibile. Lo spazio non si può disegnare, ed è l’unica cosa importante in architettura.
7 Rifiutate ogni metodologia deduttiva, quella su cui si basa la ricerca universitaria. Einstein e Popper hanno insegnato: senza dedurre, inventare e verificare. Magari per falsificare.
8 Punti di riferimento: William Morris e la teoria dell’elenco dei contenuti e delle funzioni; Art Nuoveau e Bauhaus per l’asimmetria e la dissonanza; Espressionismo (da Häring a Scharoun) per la tridimensionalità anti-prospettica; Theo van Doesburg e De Stijl, per la scomposizione quadridimensionale (ripresa oggi dai decostruttivisti); Fuller, Morandi, Musmeci per il coinvolgimento strutturale dell’architettura; Wright per lo spazio fluente; la paesaggistica più avanzata per il continuum fra edificio, città e territorio. Sette invarianti, o principi, o caratteri non solo del linguaggio dell’architettura moderna, ma del linguaggio moderno dell’architettura.
9 Bandite ogni discorso sull’“autonomia dell’architettura”. L’architettura è splendidamente libera perché è strutturalmente coinvolta.

È tutto. Mi auguro che la mia assenza vi renda felici.
Con ogni cordialità,
Bruno Zevi»

21.4.08

"Alla fie-era dell'Est, per 31 euro" feat. "Oi dialogoi"

Giusto un update, dato che sono impelagata con la progettazione di una cittadella per 2500 abitanti (della quale, e del perché io esali quotidianamente tuoni e fulmini per essa, forse vi dirò in seguito) che non mi lascia tempo da dedicare al mio vastissimo pubblico di lettori.
Dunque dicevo, l'update del giorno: tra sabato e domenica ho speso praticamente tutto quel che mi restava all'EdilLevante, materializzandolo in sei tascabili della Mancosu Editore, casa che conoscevo solo per il celeberrimo Nuovissimo Manuale dell'Architetto - quello di Zevi - e per poca altra roba, sempre di manualistica.
E invece, con mia grande sorpresa, ho scoperto la collana GTA, che per una volta non sta per Grand Theft Auto, bensì per "Grandi Tascabili di Architettura", libriccini compatti e ben impaginati, dalle tematiche alquanto originali, o per lo meno, deo gratias, poco frequentate.
I titoli che sono riuscita ad accaparrarmi sono:
  • Milano - architettura città paesaggio;
  • Architetture di pace, ospedali di guerra - le strutture sanitarie di Emergency;
  • Taccuini futuristi;
  • Adalberto Libera e il Gruppo 7;
  • Asfalto: materia, paesaggio
    e, non ultimo:
  • Architettura nell'età elettronica,
corposo saggio le cui tematiche non fanno che ricollegarsi al graditissimo Dialoghi sulla domotica e i suoi misteri di recente intrattenuto con l'ormai sempiterno frequentatore di questi luoghi che risponde, tra gli altri, all'acronimo di PEJA :D
Pregasi leggere ;)

17.4.08

«Bisogna che il poeta si prodighi con ardore»


È difficile resistere al Mercato, amore mio
allontanare gli intrusi
dalle nostre emozioni,
allontanarli in tempo.
È necessario vivere
Bisogna scrivere
All’infinito tendere
Di conseguenza andiamo in cerca
di rivoluzioni e vena artistica
Mandiamoli in pensione i direttori artistici
Siccome sanno quello che fanno
Non li perdono non li perdonerò
gli addetti alla cultura
Santa è la bellezza
Tanta è la paura
Adesso è un corpo fragile
se non del tutto giusto
quasi niente sbagliato,
che sa d’essere morto e sogna l’Africa
Strafatta, compone poesie sulla Catastrofe
Io son d'un'altro avviso
Dai virus della mediocrità
Dai dogmi e dalle televisioni
Dalle bugie, dai debiti,
da gerarchie, dagli obblighi
e dai pulpiti
Squagliamocela

da tutti questi insieme e da ogni altro male,
libera, libera, libera, libera nos Domine!
verremo ancora alle vostre porte
e grideremo ancora più forte
Nessuna garanzia per nessuno
Nessuna garanzia per nessuno

14.4.08

Questo di tanta speme oggi mi resta

Domani Boris Podrecca al Politecnico

E, vi giuro, quel "professorini" mi arriva dritto dritto nello sterno.

9.4.08

Tutta mia la città

Le selezioni arrivano a Bari
MArtelive - mercoledì 09 aprile 2008 © MArtelive
Giovedi 17 aprile a La Taverna Vecchia del Maltese, via Francesco Netti 34, a partire dalle 22.00 inizia l’avventura pugliese di MArteLive con la prima serata di “UnPalcoPerTutti”, il concorso rivolto alle band emergenti che conta oltre 800 iscritti in tutta Italia. Il primo appuntamento vedrà protagonista la musica rock e sperimentale di tre giovani gruppi: gli Knock Out (Bitonto), Big Fat Lady, Starzeid, 61 Cygni, El Kemeja. I prossimi appuntamenti saranno il 18 aprile al Nordwind Pub, il 7 maggio al Gargà e il 16 maggio sempre al Nordwind.

Bari - dal 3 al 27 aprile 2008
Metropolis. Urban experience | GALLERIA BLUORG

La propagazione perseverante delle metropoli apre ogni ambito dell’agire del sistema artistico e si sovrappone a intersoggettivazioni che trasformano ambigui insiemi in meccanismi che virtualmente si predispongono a diventare riproduzioni d’immagini esse stesse codificate, duplicate e duplicabili...

4.4.08

Sittin’ on the dock of the bay, wastin’ time: note a margine dell’apocalisse

Opinioni a valle della visione di An inconvenient truth
Una cosa è certa: quando la comunità scientifica internazionale si trova divisa su un argomento, non c’è da star tranquilli, perché con ogni probabilità o si tratta di un argomento sul quale non è possibile produrre risultati universalmente incontrovertibili, oppure l’argomento possiede risvolti, per così dire, interessanti da punti di vista politici, o ancora – quel che è peggio – entrambe le condizioni sussistono contemporaneamente; quando poi la questione è di interesse globale e la sua gravità potenzialmente preoccupante, il quadro raggiunge la complicazione massima: è questo, senz’altro, il caso del problema del riscaldamento globale.

Nell’impossibilità effettiva di conoscere l’esatto stato delle cose, procederò per ipotesi.
È senza dubbio evidente come la prorompente carica autopromozionale del documentario An Inconvenient Truth ne fiacchi parzialmente la credibilità. Tuttavia, se, al di là della questione meramente propagandistica, Al Gore ha dipinto con veridicità i fenomeni in atto, la situazione è di gravissima emergenza.

In una simile ipotesi, la priorità di intervento sulle emissioni atmosferiche di anidride carbonica è assoluta. Quando si tratta di estenderli a scala planetaria, indurre cambiamenti massivi di una prassi qualechessia richiede tempi lunghi in un regime ordinario: poiché, come è ovvio, attuare conversioni dei metodi di produzione industriale e delle reti di trasporto richiede un impegno ingente al punto da cozzare violentemente contro interessi economico-finanziari di grande influenza sul mercato mondiale, sarà gioco forza entrare in un regime straordinario di gestione delle risorse deputate alla trasformazione. Sempre nel caso in cui fosse possibile accertare con sicurezza assoluta l’urgenza dei provvedimenti da attuare, direi che la sopravvivenza del genere umano – o anche solo di una buona parte di esso – varrebbe bene un qualsivoglia turbamento dell’economia globale. E non solo. Mi sia permesso di aprire una parentesi.

Riflettendo sui processi di valutazione multicriteriale condotte nel corso dei processi decisionali relativi alla collocazione – anche non solo meramente fisica – degli impianti di produzione di energia ad emissione zero, potrebbe risultare chiaro che dovrebbero passare in secondo piano persino le esigenze di tutela paesaggistica di cui in regime di normalità è invece più che lecito tener conto con decisione.

La difesa del paesaggio in quanto tale, così come concepita dalla legge 1497 del ’39 (e, in sostanza, concettualmente invariata anche nella legislazione successiva) risponde ad un’esigenza estetica che è puramente umana: fino a che punto questa esigenza potrebbe essere anteposta alla conservazione di equilibri ecosistemici planetari, nel caso di emergenza in questione? La mia posizione filosofica potrà sembrare radicale al limite della blasfemia, ma poiché ritengo l’essere umano non al di fuori dei processi naturali di cui è figlio e poiché, inoltre, non credo all’esistenza di un diritto di natura precedente alla creazione di un ordinamento sociale di tipo puramente umano e convenzionale (che peraltro ovviamente condivido, rispetto e difendo strenuamente), da un punto di vista puramente logico l’uomo non ha nessun dovere naturale nei confronti delle altre specie di esseri viventi. Infatti, così come l’estinzione di specie animali e vegetali è naturalmente causata dal prevalere nell’ecosistema di altre specie animali e vegetali, così l’essere umano, animale capace di trasformare l’ambiente che lo circonda ben più degli altri, agisce secondo natura persino quando modifica irreversibilmente gli equilibri naturali preesistenti a sé. Il problema, quindi, è di ordine culturale: è assolutamente narcisistico ritenere che i cicli naturali siano stati messi in crisi dall’azione umana e che il pianeta che ci ospita abbia un qualunque bisogno di essere salvato in qualche maniera. Convinta dell’onnipotenza della natura nel suo complesso rispetto ad una sola delle sue specie, ritengo che il pianeta, più che subire attacchi da parte dell’uomo, si stia semplicemente preparando a fare a meno di lui, che dal canto suo si dirige verso la propria distruzione.

Che sarà, dunque, di tutte le specie viventi la cui estinzione è stata o verrà causata solo dall’azione dell’uomo? Che ne è, in sostanza, dell’intera etica ambientalista?

Sulle origini dell’etica si potrebbe discutere fin troppo variamente, ma ciò è da rimandare ad altre sedi. In coerenza con la mia suddetta opinione circa lo stato di natura, credo che l’etica sia il frutto di una serie di convenzioni stabilite a tavolino dagli uomini nel corso dei secoli sulla base di un accordo comune finalizzato alla sopravvivenza della propria specie. Tagliando corto sulle storture subite dalla morale durante la sua lunga storia, e in un’epoca di sostanziale polverizzazione, moltiplicazione e relativizzazione morale, credo che sia il caso di affermare – anche controintuitivamente e in apparente antitesi con il sentimento, da me condiviso, di profonda responsabilità dell’uomo nei confronti delle conseguenze ambientali delle proprie scelte – che l’etica si debba occupare esclusivamente di quanto, appunto, abbia come obiettivo la conservazione dell’umanità. Ecco dunque l’anello mancante: si definisce sostenibile qualsiasi processo che contribuisca a consegnare alle future generazioni umane una situazione complessiva che non operi al ribasso rispetto allo status quo né dal punto di vista economico-finanziario, né da quello sociale, né da quello ambientale. Considerando i tre ambiti (anche quello ambientale, si noti!) come i costitutivi del diritto umano, sarà forse più facile convincere chi ancora avesse dubbi sulla sua importanza, che l’attenzione alla conservazione della biodiversità ambientale ha senz’altro la sua base in una ferrea logica “umanista”, che è imprescindibile per la sopravvivenza ed il benessere dell’umanità e che non è, dunque, soggetto di interessi politici o di ragioni ideologiche ancora da porre in discussione.

Sia chiaro allora verso cosa ci stiamo avviando e cosa esattamente dobbiamo combattere.

Ma Al Gore potrebbe aver torto. È nota l’opposizione al suo documentario mossa dal giudice britannico Justice Burton sulla scorta dei risultati di un’altra equipe scientifica e riassunta in nove punti altrettanto celebri. In generale però si può dire che, mentre la stragrande maggioranza dei pareri scientifici conferma le responsabilità dell’anidride carbonica proveniente delle emissioni di origine antropica nell’effetto serra, non esiste praticamente alcun accordo tra gli studiosi circa gli ordini di grandezza dei fenomeni. Si possono ascoltare quindi decine di posizioni contrapposte sull’entità percentuale dell’anidride carbonica prodotta dall’uomo rispetto al totale, sulla ipotetica entità dell’innalzamento dei livelli marini conseguente allo scioglimento dei ghiacci polari, sulla effettiva gravità dell’immissione di acqua dolce rispetto all’andamento delle correnti oceaniche ed in particolar modo su quali siano le “scadenze” di tali fenomeni in termini di decenni. Esiste anche una sparuta percentuale di negazionisti, che attribuiscono il riscaldamento alla sola attività solare o gridano addirittura alla mastodontica operazione commerciale.

È comprensibile quindi il disorientamento dell’opinione pubblica mondiale, che di fronte a tale caos è nei fatti impossibilitata a prendere una posizione con serenità: dietro la miriade di dati contrastanti stanno, infatti, tanto ragioni politiche quanto motivazioni puramente scientifiche. Se già la moderna meteorologia fornisce al pubblico dati inficiati da grandi margini di errori su proiezioni di poche ore per regioni circoscritte, si può ben intendere, mutatis mutandis, quanto complesse debbano risultare previsioni a svariati decenni delle mutue interazioni di fenomeni planetari influenzati da una serie pressoché infinita di variabilità. Risulta evidente che, anche in una totale buona fede scientifica, il ricorso a modelli matematici diversi può portare a descrizioni radicalmente differenti dello stesso fenomeno.

Ma ciò, si badi, non giustifica nessun inconcludente tergiversare da parte di organi decisionali a qualsiasi livello. Mai come in questo frangente, la “sospensione del giudizio” costituisce già una precisa posizione assunta. Inaction is a weapon of mass destruction, cantava qualcuno.

Dunque, anche nell’ipotesi in cui il documentario di Gore sia, come dicono certi, eccessivamente allarmistico (ipotesi, è chiaro, assolutamente auspicabile!), la mia opinione si sposta di poco, variando solo per quanto riguarda priorità ed urgenza – e dunque a livello meramente tempistico – e non nella sostanza: la conversione dei metodi di produzione è necessaria e richiede impegni massicci e date certe, a livello globale. Mi convince poco sulla lunga distanza la liberalizzazione del mercato dei permessi di emissione, perché vi intravedo possibilità elusive di qualche genere e perché non ritengo in linea di massima desiderabile che buone abitudini si scambino con cattive abitudini più denaro; tuttavia, il metodo si è dimostrato efficace e può costituire un rimedio all’emergenza, purché a breve termine.

È prevedibile che, se non è già successo – e sono certa di sì –, si creino in un prossimo futuro nuovi centri di potere nelle cui mani si concentreranno le chiavi del nuovo mercato dell’energia sostenibile. Presumo che le stesse attuali lobbies del petrolio abbiano già provveduto a procurarsi un nuovo posto al sole – è il caso di dirlo. Ci saranno senz’altro nuovi problemi etici ed ambientali con cui confrontarsi (sapremo dismettere, per dirne una, grandi quantità di pannelli fotovoltaici in tempi brevi, in maniera economica e senza produrre inquinamenti di nuovo tipo?), tanto più imprevedibili quanto più repentina ed estesa riuscirà a farsi la transizione che in ogni caso resta agognata per tutti noi che rimaniamo, per così dire, outsider traders della questione.
Nonostante il livello di estrema imprevedibilità insito nel processo, rimane ancora da considerare che le emissioni di anidride carbonica non causano soltanto l’effetto serra, e che i meccanismi che le generano non generano solo quelle. Bisogna scommettere nel traguardo delle emissioni zero: nella peggiore delle ipotesi
normalmente prevedibili ci avremo guadagnato in salute per i nostri figli e in un po’ di soddisfazione per quanti di noi ritengono che anche le altre specie ne abbiano diritto.


(Anonimo, Scioglimento dei ghiacci, collezione via Dante Alighieri, Bari)