24.12.05

Terra di ragni

Breadcrumb Trailby - Slint

I stepped out onto the midway. I was looking for the pirate ship and saw this small, old tent at one end. It was blue, and had white lights hanging all around it. I decided to check out the tent, it seemed I could hear music coming from inside. As I walked toward it, I passed a crowd of people at the sideshow. I couldn't figure out why they would want to wait in line.
I pulled back the drape thing on the tent. There was a crystal ball at the table, and behind it, a girl wearing a hat. She smiled, and asked me if I wanted my fortune read. I said okay, and sat down. I thought about it for a minute, and asked her if she would rather go on the roller coaster instead.
Creeping up into the sky.
Stopping, at the top and, starting down.
The girl grabbed my hand, I clutched it tight.
I said good-bye to the ground.
Far below, a soiled man. A bucket of torn tickets at his side. He watches as the children run by. And picks his teeth.
Spinning 'round, my head begins to turn.
I shouted, and searched the sky for a friend.
I heard the fortune teller, screaming back at me.
We stuck out our hands, and met the winds.
The girl falters as she steps down from the platform. She clutches her stomach, and begins to heave. The ticket-taker smiles, and the last car is ready. Who told you that you could leave?
The sun was setting by the time we left. We walked across the deserted lot, alone. We were tired, but we managed to smile. And the gate I said goodnight to the fortune teller. The carnival sign threw colored shadows on her face, but I could tell she was blushing.

22.12.05

Pace non trovo...

Pace non trovo, et non ò da far guerra;
e temo, et spero; et ardo, et son un ghiaccio;
et volo sopra 'l cielo, et giaccio in terra;
et nulla stringo, et tutto 'l mondo abbraccio.

Tal m'à in pregion, che non m'apre né serra,
né per suo mi ritiene né scioglie il laccio;
et non m'ancide Amore, et non mi sferra,
né mi vuol vivo, né mi trae d'impaccio.

Veggio senza occhi, et non ò lingua et grido;
et bramo di perir, et cheggio aita;
et ò in odio me stesso, et amo altrui.

Pascomi di dolor, piangendo rido;
egualmente mi spiace morte et vita:
in questo stato son, donna, per vui.


Da Il Canzoniere, Francesco Petrarca (1304-1374)

21.12.05

I sogni ad orecchie aperte

Stavo per prendere un vecchio cd, uno di quelli che ormai a furia di ascoltarseli, sotto c’hanno i solchi nemmeno fossero vinili (che belli i vinili… una volta vi farò ascoltare Otis Redding su uno di quelli e mi direte se non è tutt’altra cosa). Ebbene, stavo proprio per mettere quella canzone che mi ha tirata su come una madre quando mi sono fermata. No, non la ascolterò.
Mi è tornato alla mente il periodo in cui comprai quel disco, fondamentale per me, e quali indicibili sensazioni audiocardia-che mi aveva dato il suo primo ascolto (e il secondo, il terzo, il quarto…). Ho ritrovato un gelido Natale passato sotto le coperte, con il termometro e quel disco come compagni prescelti delle mie giornate.
E allora no, non ho potuto. Non ho voluto profanare quel quadretto ocra di una me calda e diversa, una di quelle me in bilico tra un mondo e l’altro, una di quelle me molto Emil Sinclair (grazie Pieruccio!!).
Come credo che per ogni situazione esistano i giusti versi (talora già scritti da qualcuno, altrimenti necessariamente da buttar giù il prima possibile), credo anche che ogni persona si incastoni nella nostra anima sotto forma di una (almeno una) canzone. Molti di voi, amici miei, ne hanno una che li identifica ai miei occhi. O no, alle mie orecchie…
Ne voglio ancora, ne voglio ancora. Ne voglio ancora, di queste sensazioni!
Portatemi in dono qualcosa che mi sconvolga. Molti di voi l’hanno già fatto, alcuni lo stanno facendo, altri, spero, continueranno.

E va bene, basta per oggi, il blog l’abbiamo aggiornato :D
Adesso tocca fare il proprio dovere. Ma che bello che è, quando la materia si chiama sociologia urbana!

19.12.05

La pequeña bahia de abajo

Squisitamente altalenante, oggi.
Prima consideravo plausibile l'eventualità del suicidio, per il mio semplice aver scoperto la crudeltà di essere in un universo privo di senso.
Adesso trovo la realtà deliziosa, quando è posta sotto forma di indovinello.
Bene, una nuova forma di comprensione del mondo. Un ulteriore livello di coscienza. Subito da aggiungere ai Preferiti e tatuare su ogni supporto cartaceo prima della dipartita (si sa, volubili sono le leziosità degli uomini).

Adesso sì che posso addormentarmi soddisfatta!
Notte mondo...

16.12.05

Time is never time at all

Alle volte tutto sembra sfuggirmi. Il senso, ad esempio. Il senso del tempo. No perchè, diavolo, uno si dice che ogni istante della vita andrebbe vissuto come se fosse l'ultimo, che non dobbiamo mai fermarci, mai, mai, mai... Solo che scegliere (e non sempre liberamente, per la verità in genere del tutto forzatamente) questa strada porta ad accorciarsi la vita non di poco!
Non solo perchè si crepa giovani, che il cuore non le può mica reggere tutte, ma anche perchè il tempo vola via in un soffio. Un soffio.
Un
solo
soffio.
Un paio di anni come questi ultimi due non mi capiteranno più, ne sono certa.
E nemmeno, vi dirò, so se doverne gioire o meno.
Ho incontrato la vita tra marinai gentili, giovani epicuree del massacro, poeti consapevoli e non, colleghi/rivali/amici, ardimentosi cavalieri d'oltre Adriatico, filosofi con secchi vuoti e retori finenovecenteschi, saggi, sconsiderati, scienziati, santi e navigatori, vicende singolari, vicende collettive, me-stesse di tutte le fogge, i colori e le dimensioni.
Mi sono scontrata con la vita tra fiati spezzati, scivoloni incauti, colpe, scoperte spiacevoli, nausee (causate e subite), sudore, vergogna, successi immeritati, successi insipidi e successi orribilmente caramellati, inadeguatezze, disgusti quasi sempre autogenerati. E ancora non è finita...
E tutto questo ha fatto del mio ultimo anno di vita qualcosa che non mi è sembrato più lungo di una settimana.
Allora, o darsi al buddismo e convincersi che non sarà l'ultima vita, oppure altro che riempirsi ogni istante. Dilatarlo, invece, rarefacendolo fino all'estremo.
Da domani, chissà.

14.12.05

L’essenza dell’ego nella sua esistenza (ed altre amenità da tarda serata)

Ci si chiedeva: se mi trapianto un braccio, sono ancora io? Si di-rebbe di sì.
Se mi trapianto un organo vitale? Il cuore, il fegato, ad esempio? Ovviamente pare anco-ra di sì.
Se mi trapianto tutti gli organi vitali ad
eccezio-ne del cervello? Così si dice comunemente.
Se cambio corpo e, dunque, in fin dei conti quello che sto trapiantando è il mio cervello?

Calma, un attimo. Cosa intendo dire per “sono ancora io”? Questo è da stabilire con esattezza.
Dunque, intendo dire questo, e cioè: poiché si sostiene che l’essenza dell’uomo in quanto animale razionale sia la sua intelligenza, sembrerebbe che il suo essere sia racchiuso principalmente nella sua personalità, scindibile dalla sua fisicità corporea che, per il buon senso comune, importante lo è, ma di certo contingente. Nel senso che se mi tingo i capelli nessuno stenta a riconoscermi; se mi cambio la faccia (alla face/off maniera, insomma) la cosa sarà destabilizzante per un po’, ma dopo nessuno avrà difficoltà nell’accettare che chi gli parla è ancora la vecchia Maat.
Dunque, l’essenza dell’uomo è la sua personalità. Diciamo pure così (checchè chi abbia avuto la sfortuna di incrociarmi altrove sulle tortuose strade dell’etica dell’ontologia sappia come la penso a riguardo, ma è inutile adesso stare a complicare la faccenda che già semplice non è di certo).
E dove risiede la personalità? Alquanto poco romantico forse, ma direi che siamo tutti d’accordo che risiede stabilmente in qualche zona non meglio precisata dell’encefalo. Quindi, io credo, se spostiamo il cervello da una parte in un’altra del mondo, ciò non dovrebbe nuocere in alcun modo alla “personalità” in esso “contenuta”. Infatti, anche se, fisiologicamente parlando, il ragionamento è costituito da una serie di raffinate combinazioni elettriche, credo di poter affermare con una certa tranquillità che anche persone che abbiano subito interruzioni dell’attività cerebrale (sempre per un ristrtetto lasso di tempo però), al ripristino di esse non abbiano necessariamente subito un resettaggio totale. In tal caso la personalità sarebbe contenuta in un supporto di memoria non (del tutto) volatile, per usare una metafora molto fashion. Ma, insomma, poiché non sono nè una neuropsichiatra né una paragnosta posso anche aver detto un mare di idiozie da… dunque… circa 10 righi a questa parte, e quindi diciamo che siamo d’accordo nell’ammettere che potrà probabilmente esistere in futuro un metodo di trapianto di cervello tale da conservare la continuità dell’attività cerebrale per l’arco di tempo sufficiente a far “sopravvivere” in esso la memoria relativa alla personalità. Così, stiamo affermando che il trapianto del cervello costituisce, di fatto, un trapianto di identità, volendo prenderci il lusso di sovrapporre personalità ed identità per le considerazioni di cui sopra riguardo all’essenza.

Facciamo un altro passo avanti. Che succederebbe se fosse possibile creare in laboratorio un cervello biologicamente identico ad uno esistente, un clone esatto ma del tutto vergine, tabula rasa di esperienze e se, contemporaneamente, si riuscisse a trovare il modo di trasportare tutte le informazioni circa la personalità dell’individuo esistente in questo nuovo “contenitore”?
Due sembrano le strade, e le discutiamo entrambe.

1) Mettiamo il caso che un uomo si sia fatto clonare il corpo (comprensivo di cervello) per ragioni preventive e che quest’uomo sia adesso in fin di vita. Egli potrebbe prendere i medici e dir loro: “prendete dalla mia testa tutto quello che c’è e mettetelo nella testa del clone”. In questo modo egli spera di chiudere gli occhi nel suo vecchio corpo e riaprirli un attimo dopo nel suo corpo nuovo di zecca, quindi alzarsi e andarsene fresco come una rosa, ben soddisfatto di averla messa a quel servizio alla Signora con la Falce. Egli, di fatto, è diventato immortale, perché può ripetere questa operazione un numero imprecisato di volte.

2) Mettiamo il caso, invece, che siccome, come dicevamo, l’identità è assimilabile alla personalità, la personalità al ragionamento, alle opinioni e alle emozioni, e poichè questi ultimi sono composti di banali segnali elettrostatici pure altrove esistenti in natura, allora (per la proprietà transitiva e per la solita metafora fashion) mettiamo che sia possibile non solo trasferire i dati da un supporto a un altro, ma anche masterizzarli a piacimento. E dunque, mettiamo che l’operazione riesca bene come prima, a meno però di un banale errorino di tempismo e così, per una frazione di secondo, quando il nostro clone apre gli occhi contento e convinto di averla fatta franca, l’organismo “sorgente” non li abbia ancora chiusi. Si vede bene che in quella frazione di secondo sono vissuti due organismi geneticamente ed intellettualmente identici, ognuno convinto di essere se stesso.Allargando a dismisura il problema, potremmo pensare anche a due o più cloni generati dallo stesso uomo, che si presentino l’uno all’altro dicendo “salve, io sono io”, “anch’io”, “anch’io”…

Quindi forse sembrerebbe prevalere l’inquietante (ma, al tempo stesso, tranquillizzante) seconda teoria, per cui alla vecchia Mietitrice non la si fa. Tutto questo, ovviamente, a meno che magari la scienza non venga un giorno a realizzare che non è possibile operare copie di identità, ma solo trasferimenti. In questo caso dovremmo tornare qui a discutere se in effetti chi si risveglia nel nuovo corpo sia di nuovo lo stesso individuo iniziale oppure un altro, semplicemente identico al precedente per fisicità (a meno di caratteri acquisiti, s’intende), intelligenza e memoria ma pienamente convinto di essere… quello di prima.

Eppure non è finita qui. Anche nell’apparentemente meno problematica seconda possibilità è palese che si affaccia un mastodontico problema di logica e di ontologia.
Se l’organismo originale e il suo sostituto sono identici per corpo e intelligenza, cosa fa del primo e solo del primo ciò che è veramente?
Si vede bene che, come direbbe un matematico, il problema risulta svincolato dalla scelta del codominio, ovvero questo quid che differenzia l’individuo emittente dal destinatario non dipende di certo dal destinatario stesso. E abbiamo eliminato una possibilità.
Resta comunque che, quando il trasferimento di personalità avviene mediante il trasferimento fisico dell’encefalo, si era tutti d’accordo senza tanti problemi che chi si era addormentato prima permaneva proprio se stesso al risveglio. Si giunge dunque al seguente delizioso paradosso:

Esiste davvero un’anima che svanisce irreversibilmente al momento della morte? Se sì, questa è legata al corpo mediante un legame del tutto materiale, dislocato in qualche zona del cervello (i famosi 21 grammi?).
Se viene a mancare una delle precedenti ipotesi, ovvero non esiste un’anima o questa è del tutto eterea, allora l’uomo è potenzialmente immortale.


Ebbene, forse una soluzione a questo problema c’è, perché ammetto di aver fatto uso un po’ sofistico di certe sfumature della lingua italiana.

Io però la soluzione la lascio a voi.
E sennò che gusto c’è, porca miseria?

5.12.05

Mitologie personali

Sono d'accordo, la piega che questo blog sta prendendo è di una noia mortale. D'altra parte comincio ad odiarlo io stessa :D Giusto, devo farne qualcosa di socialmente utile, sennò che senso ha... Però non vi aspettate che ci lavori più di tanto. Diavolo, ho già un bel po' di cose da fare, io! Va bene allora, se D'artagnan mi suggerisce di diffondere conoscenza, conoscenza sia. Ma, come dicevo di recente,
tutt'altro che Costanza potreste chiamarmi... Dunque, vediamo, da dove possiamo cominciare...


Bene, è un periodo in cui sono alla disperata ricerca della bellezza. Gioco all’apprendista esteta, per dir così. E questa antica signora mi sembra, adesso, di poterla trovare ricercando tra gli usi vari che l’uomo fa del proprio corpo e tra i significati subcoscienti che attribuisce al proprio viso.
Banale, forse. Sta di fatto che è da quando ho memoria che vengo irrazionalmente e compulsivamente affascinata dai feticci e dalle repliche che gli uomini producono di se stessi. Maschere, bambole, idoli materiali di divinità pseudoantropomorfe, modificazioni ascetiche o puramente decorative del corpo hanno, ai miei occhi, tutti lo stesso significato psicologico. Un significato che ancora mi sfugge e, proprio per questo, incuriosisce, e profondamente turba, e sensualmente conquista.

Ma tornando a noi: ecco a cosa può servire questo maledetto blog. Posso rendere pubbliche le mie scoperte e le mie teorie riguardo la bellezza e, ovviamente, riguardo tutto il resto, in funzione di che mi passi per la testa al momento giusto. In effetti, per qualche strana ragione che stento ad afferrare, qualsiasi cosa venga in contatto con me nel bene e (troppo spesso) nel male, presto o tardi assume i caratteri del disturbo cronico.

Eccoci qui, allora! Possiamo anche dire che questo strano posto inesistente comincia a funzionare solo oggi. Vediamo dove ci porta.
Buon viaggio, dunque, a chiunque avrà voglia di seguirmi [ma sei davvero sicura di essere in grado di portarlo da qualche parte?].

4.12.05

... mumble mumble...

... ma se valgono il teorema di Piola e l'identità differenziale dovrei trovare che se è verificato il secondo assioma di Eulero, T è di Sym.
Mmm... vediamo un po'... Calcoliamo il lavoro delle forze di superficie con la potenza P(P) di Piola. In effetti sto prendendo P come interna a B, ma mi chiedo se l'operazione non perda di generalità in questo modo... Applichiamo i teoremi e l'identità. Posso anche scrivere lo spostamento rigido come u°+ W(x-o), se w è l'asse di W e W è di Skw...

... Cosa?? Siamo in diretta?!

[troppo cerebrale, vero?]

3.12.05

Infinite sono, figliuola, le vie del...

Se esistono dei creatori, sono sicura che il loro modo di comunica-re con noi sia la bellezza.
E ne hanno di fantasia, questi signori qui.

Trovo, stamane, che infinite siano le vie del bello, e volevo ren-dervene partecipi. Perdonate l'impertinenza.

Avevo un diario una volta, adesso ho un blog.
Poveri voi...

2.12.05

E' l'inizio della fine


Ecco, ci sono cascata anch'io. Questo è il mio blog.

Del tutto inutile è, ovviamente, che vi parli di esso che ancora non c'è; ridicolo è anche aspettarvi che vi dica qualcosa di me così, a bruciapelo, senza che questo qualcosa si dimostri di totale irrile-vanza, di inenarrabile stupidità o persino di sfacciata inverosimi-glianza...

... ehi, eccomi qua!
Scusate, gliel'ho tappata la bocca a quella lì.
E va bene và, non diciamo niente [sto tergiversando... si vede che non so da dove iniziare?].

Silenzio in sala, allora.
Lo spettacolo comincia.