11.6.13

Still

Music changes, the refrain
plays some unsung melody.
Yet the tune just sounds to me:
"what I was I still remain".

28.5.13

I drammi del collo lungo

La giraffa ha il cuore
lontano dai pensieri.
Si è innamorata ieri
e ancora non lo sa.

Stefano Benni

Quelli che amano

Quelli che amano tacciono.
L’amore è il silenzio più fine,
il più tremante, il più insopportabile.
Quelli che amano cercano,
sono quelli che lasciano perdere
sono quelli che cambiano, quelli che dimenticano.
Il cuore dice loro che non troveranno mai,
non trovano, cercano.
Quelli che amano vanno come pazzi
perché stanno soli, soli, soli,
consegnandosi, dandosi ogni istante,
piangendo perché non salvano l’amore.
Li preoccupa l’amore. Quelli che amano
vivono alla giornata, non possono fare di più, non sanno.
Sempre se ne stanno andando,
sempre, da qualche parte.
aspettano,
non aspettano nulla, ma aspettano.
Sanno che non troveranno mai.
L’amore è la proroga perpetua,
sempre il passo seguente, l’altro, l’altro.
Quelli che amano sono gli insaziabili
quelli che sempre – meno male!- resteranno soli.
Quelli che amano sono l’idra del racconto.
Hanno serpenti al posto delle braccia.
Le vene del collo gli si gonfiano
anche come serpenti per asfissiarli.
Quelli che amano non possono dormire
perchè se si addormentano se li mangiano i vermi.
Nel buio aprono gli occhi
e in loro cade lo spavento.
Trovano scorpioni sotto il lenzuolo
e il loro letto galleggia come su di un lago.
Quelli che amano sono pazzi, soltanto pazzi,
senza Dio e senza diavolo.
Quelli che amano escono dalle loro grotte
tremanti, affamati,
a cacciare fantasmi.
Ridono di quelli che lo sanno tutto,
di quelli che amano per sempre, veracemente,
di quelli che credono nell’amore come una lampada d’olio inesauribile.
Quelli che amano giocano ad afferrare l’acqua,
a tatuare il fumo, a non andarsene.
Giocano al lungo, triste gioco dell’amore.
Nessuno si può rassegnare.
Dicono che nessuno si può rassegnare.
Quelli che amano si vergognano di qualsiasi conformismo.
Vuoti, ma vuoti da una costola all’altra,
La morte li corrode dietro gli occhi,
e loro camminano, piangono fino all’alba
dove treni e galli si salutano dolorosamente.
A volte gli arriva un odore a terra appena nata,
a donne che dormono con la mano nel sesso, compiaciute,
a ruscelli d’acqua tenera e cucine.
Quelli che amano cantano tra le labbra
una canzone mai imparata,
e se ne vanno piangendo, piangendo,
la bella vita.

Jaime Sabines

10.3.13

Cose che ho imparato #003

L'importanza di riconoscere.

Riconoscere, cioè ammettere. Riconoscere gli errori e riconoscere le scelte giuste. Riconoscere i meriti, le colpe.
Riconoscere come essere riconoscenti. Essere grati a tutti, a tutto.
Ri-conoscere, cioè riprendere a conoscere. Combattere l'oblio delle cose necessarie.
Riconoscere come fare ri-cognizioni. Attraversamenti ed esplorazioni dei mondi e dei modi - infiniti - di esistere.
Riconoscere, anzi, riconoscersi. Il miracolo di quando avviene «senza conoscersi».
«Mamma, riconoscimi!». La voglia di star per strada, tra la gente, e il bisogno che, d'un tratto, passi qualcuno per il quale sei qualcuno.

9.3.13

Cose che non si imparano. Un addio.

Questo è il posto sufficientemente riparato per dirti quello che penso senza che il vento lo porti in giro altrove che lì, dove sei ora.
Un posto sufficientemente riparato per dirti qualcosa che nessuno accetterebbe.
Volevo dirti che sei stato coraggioso. Non dico che hai fatto bene. Ovviamente no. Per quel poco che ne so e per quel qualcosa che ho capito, molti ti volevano bene davvero. Queste sono grandi fortune. Ma, per carità. Se hai deciso che non ti bastava forse non ti sei sentito veramente amato. E forse non lo sei stato. Non so.
Ma quello che vorrei poterti confessare, dicevo, è che penso che tu sia coraggioso.
Perché hai fatto una scelta dolorosissima e l'hai portata a termine - dicono - senza esitazioni. Hai fatto quello che sentivi di dover fare, tutto d'un fiato. Con rabbia, come un gesto di rivolta verso quello che non ti bastava. Hai pensato di non poterlo cambiare e, credo, ti sbagliavi. Però t'invidio la coerenza con cui, pensandolo, hai agito di conseguenza. 
No, io non sono di quelli che pensano che tu abbia mollato. Ho profondo rispetto per la scelta che hai fatto. Ne avevi tutto il diritto, magari giusto nei limiti del male che qualcuno dovrà patire adesso. Ma non è nulla che mi riguardi. Certamente sai.
E quindi tu il tuo diritto di non accettare nulla te lo sei preso con la forza e, cazzo, ti apparteneva. Ti apparteneva come a tutti. Eppure, in quanti si dilettano in questo, come un gioco? Non è stato il tuo caso. 
Però mi turba moltissimo. Mi turba e mi dispiace. Non posso dire che me l'aspettavo, no. Ma che eri triste lo sapevo, quello sì, eccome. Non so come facessi. Io penso che ci sia una sorta di emanazione di infelicità, che solo chi conosce può percepire. E non sei il solo a cui ho sentito addosso quell'odore. Spero che la tua determinazione sia una dote rara.

Domani avrei voluto essere con te per mostrarti che non eri solo. Ma te lo dico da qui e, se vuoi, ascoltalo.
You'll be missed. Sì, in inglese perché è più dolce. Sarai missed da tutti, tutti noi. E questo è anche più triste, perché toglie al tuo atto ribelle il motivo di esistere. Ma tu ne sai senz'altro di più. A questo punto spero che avessi altre ragioni. Un po' mi fido. Spero che tu possa star meglio ora.

Enjoy your flight.

5.3.13

Cose che ho imparato #002

Che l'amore è uguale e diverso per tutti. È diverso tra tutti gli uomini, ed è diverso in ogni uomo a seconda dell'uomo a cui è rivolto. Che, comunque, non è mai sano. Che cresce insieme a noi con una sua personalità, che è la nostra. Che quindi, a volte, cresce ritorto, intorno a giuste cose o a cose sbagliate. Bello a vedersi come un ramo di ulivo, ma al tatto duro e spesso indeformabile. Che è il nocciolo. Il fondo. Il mio fondo. 

Cose che ho imparato #001

Che quando si diventa grandi si è ancora gli stessi che di notte vincevano la paura del buio grazie a una favola raccontata da una persona amata. 
Quello che cerchiamo da chi amiamo è nient'altro che questo. Una favola, che troviamo bella nella misura in cui ci viene raccontato qualcosa che non saremmo stati in grado di inventare. La paura del buio è, in effetti, la paura del nostro buio. Il terrore davanti a tutto ciò che non saremo mai, che non avremo mai, che non potremo mai. E quell'orrore di fronte alla voragine del nulla è l'orrore della morte, horror limitishorror finis.