19.1.09

La domanda sorge spontanea



[Rodolfo de Angelis - Ma cos'è questa crisi?, 1933]

17.1.09

Più studi, meno studi

Quando uno arriva in prossimità della fine della propria carriera di studente, è normale che cominci a considerare la pratica dell'esame come una formalità priva di senso. E maggiormente quando ci si trova davanti alla necessità di studiare una materia che si ama moltissimo. Chi mai, infatti, potrà dare alcun valore al giudizio numerico in trentesimi che un semisconosciuto gli affibbierà sulla base di un superficiale dialogo intessuto su sovrastrutture in genere ritrite? Perché ci si dovrebbe sottoporre a questa preistorica usanza quando si è sicuri che il proprio studio della stessa materia continuerà con ogni probabilità per tutto l'arco della vita? Che significa il tuo giudizio sul mio sapere oggi, se domani ne saprò un po' di più?
Transigendo, peraltro, sulla possibilità (sulla certezza) di disparità di vedute con la classe docente riguardo l'opportunità del taglio dato ai programmi: l'ipotesi di una qualche libertà all'interno di questo ambito porterebbe infatti il post nell'ambito della piena fantascienza. E, spiacente, ma non ho il cassetto "Fantascienza". Per il momento, almeno.
Per non parlare di quelle materie che - diciamoci la verità - risultano d'impaccio alla formazione che uno vorrebbe costruire per sè. Che impediscono, con la loro spropositata inerzia, lo svolgersi della propria autoformazione che costituisce un così auspicato (dai professori) indicatore di maturità (dello studente). Perché, se ho sulla scrivania un libro da leggere per ogni nuovo post su Il nido e la tela di ragno, svariati da studiare per un'ipotetico progetto di tesi e almeno uno che è lì per il mio puro diletto, devo poi utilizzare il mio tempo, per dire, in esercizi sulle macchine frigorifere? Non ha forse tutto ciò qualcosa di profondamente sbagliato?

13.1.09

Sesto: non mitizzare



«Da questa proposta si può trarre una regola che può essere valida anche per la presentazione di altre tecniche di comunicazione visiva.
Primo: far conoscere bene lo strumento che si usa in modo che l'uso sia appropriato e che ogni possibilità strumentale sia nota.
Secondo: far capire la tecnica più giusta per quello strumento.
Terzo: lasciare che ognuno scelga e decida che cosa fare con ciò che ha imparato.
Quarto: analizzare e discutere assieme i risultati dei lavori, non per decidere chi è il più bravo ma per dare una ragione a ognuno secondo il lavoro fatto.
Quinto: provocare e coordinare il lavoro di gruppo per uno scopo spettacolare.
Sesto: distruggere tutto e rifare per aggiornare continuamente e per non mitizzare il lavoro.»

[Da Bruno Munari, Fantasia, 1977]


12.1.09

YES, I CAN!

11.1.09

Just a perfect day, you made me forget myself.

Non credete anche voi che periodicamente ci siano degli eventi che agiscono sulla nostra vita, per così dire, da chiarificatori? Nel senso che prima di essi è tutto magmatico, indistinto, un brodo tra il primordiale e il postapocalittico in cui sono disciolte tutte le vostre vecchie certezze e speranze, e dopo ogni cosa sembra tornare al proprio posto galleggiando, come se una incorporea Mary Poppins ci stesse lavorando su lentamente?

Insomma, un po' come quando, presi da un globale sconforto per la propria funzione nel mondo, convinti di aver sbagliato ogni cosa e di essere destinati ad un futuro inutile se non dannoso a sè stessi e alla collettività, ci si abbandona alla lettura di un Chatwin e vi si trova dentro una citazione di Marshall McLuhan.
Mi rendo conto che la cosa possa non significare granché per la maggior parte di voi, ma per me è stato un fulmine a ciel sereno. È come se Bruce Chatwin avesse voluto dirmi: «seguila, è la strada giusta! Puoi essere come loro ed anche essere come me». E se lo dice Bruce, dev'essere senz'altro vero.

E poi ho finito il saggio e il romanzo che stavo leggendo, e ho comprato un altro saggio, e un altro romanzo, e presto finiranno anche quelli, e ne verranno di nuovi.
E ho rivisto le mie tre assurde compagne della nostra tristissima fine d'infanzia: l'astronauta è diventata una psicologa, la cantante una restauratrice, la stilista una giovane madre... ed io, che non sapevo cos'ero allora, oggi non so cosa sarò: ma è perché voglio che sia una sorpresa, che lo sia soprattutto per me.

E una grossa sfida imminente, e un'inesauribile passione, e un gran ribollire politico, e infine chissà, qualche interessante possibilità alle porte.

Così è iniziato il mio nuovo gennaio, così intendo vestirmene. Le tinte cupe di sfondo, il resto sotto la luce.


1.1.09

Buona volontà, cattiva coscienza, nuovo anno e vecchi merletti

Buonasera.
No, probabilmente non ho molto da dirvi, ma è che in giorni come questo, come il primo di un anno che si preannuncia tra i più difficili della mia vita, reminiscenze ancestrali di una certa superstizione di carattere domestico si risvegliano quale estremo appiglio di fantasie diversamente indebolite dalle circostanze.
Insomma, scrivo qui oggi semplicemente perché spero che il 2009 mi porti la possibilità di venir fuori dalla paralisi che ha messo i ceppi mesi fa alla mia vita e che ancora non sembra avere alcuna intenzione di allentare la presa. Se scrivo oggi, mi dico, l'hai visto mai: magari scrivo tutto l'anno.
E allora, buon inizio a voi, uomini di buona volontà.