29.1.08

Cercasi Misaki disperatamente

Ovvero: "Ecco, sono nei guai", parte II

Oggi sono andata in un bar nella piazza del castello di Trani ed ho bevuto una cosa deliziosa che rispondeva ad un nome proprio che ora mi sfugge, ma in sostanza era un té al peperoncino.
Allora, era una bustina e il complesso non aveva poi queste grandi qualità, ma cazzarola... era un té al peperoncino!
Lo voglio, lo voglio, lo voglio. Era rosso - e infatti sono certa che più che un té avesse come base un karkadé, ma va bene uguale -, asprigno e... appena un po' piccante. Adorabile!
Sono quasi sicura che la marca della miscela si chiamasse Misaki, sapete, una di quelle che producono quarantasette tipi di miscele aromatizzate ai gusti più assurdi (per lo più porcherie, ovviamente) oltre che infusi e tisane d'ogni genere e sorta: una di quelle tipo l'Eraclea, per capirci.
Solo che non trovo alcun riferimento in rete, dannazione, a parte ottantottomilacinquecento giapponesi dai diversi gradi di stronzaggine che si chiamano così.
Insomma, se qualcuno di voi debosciati sa dirmi dovecomeeperché si possa comprare questa meraviglia, mi faccia un fischio.

Ah, se vi state chiedendo il perché dell'immagine, beh, anche quella è Misaki, provare per credere. Se non altro con questa foto avrò attirato l'attenzione di voialtri ben più che con qualche ennesima laconica fogliolina di té. Stramaledetti pedofili.

25.1.08

Benché 'l parlar sia indarno

O patria mia, vedo le mura e gli archi
E le colonne e i simulacri e l'erme
Torri degli avi nostri,
Ma la la gloria non vedo,
Non vedo il lauro e il ferro ond'eran carchi
I nostri padri antichi. Or fatta inerme
Nuda la fronte e nudo il petto mostri,
Oimè quante ferite,
Che lividor, che sangue! oh qual ti veggio,
Formosissima donna!
Io chiedo al cielo e al mondo: dite dite;
Chi la ridusse a tale? E questo è peggio,
Che di catene ha carche ambe le braccia,
Sì che sparte le chiome e senza velo
Siede in terra negletta e sconsolata,
Nascondendo la faccia
Tra le ginocchia, e piange.
Piangi, che ben hai donde, Italia mia,
Le genti a vincer nata
E nella fausta sorte e nella ria.
Se fosser gli occhi tuoi due fonti vive,
Mai non potrebbe il pianto
Adeguarsi al tuo danno ed allo scorno;
Che fosti donna, or sei povera ancella.
Chi di te parla o scrive,
Che, rimembrando il tuo passato vanto,
Non dica: già fu grande, or non è quella?
Perchè, perchè? dov'è la forza antica?
Dove l'armi e il valore e la costanza?
Chi ti discinse il brando?
Chi ti tradì? qual arte o qual fatica
0 qual tanta possanza,
Valse a spogliarti il manto e l'auree bende?
Come cadesti o quando
Da tanta altezza in così basso loco?
Nessun pugna per te? non ti difende
Nessun de' tuoi? L'armi, qua l'armi: ío solo
Combatterò, procomberò sol io.
Dammi, o ciel, che sia foco
Agl'italici petti il sangue mio.
Dove sono i tuoi figli?. Odo suon d'armi
E di carri e di voci e di timballi
In estranie contrade
Pugnano i tuoi figliuoli.
Attendi, Italia, attendi. Io veggio, o parmi,
Un fluttuar di fanti e di cavalli,
E fumo e polve, e luccicar di spade
Come tra nebbia lampi.
Nè ti conforti e i tremebondi lumi
Piegar non soffri al dubitoso evento?
A che pugna in quei campi
L'itata gioventude? 0 numi, o numi
Pugnan per altra terra itali acciari.
Oh misero colui che in guerra è spento,
Non per li patrii lidi e per la pia
Consorte e i figli cari, Ma da nemici altrui
Per altra gente, e non può dir morendo
Alma terra natia,
La vita che mi desti ecco ti rendo.
Oh venturose e care e benedette
L'antiche età, che a morte
Per la patria correan le genti a squadre
E voi sempre onorate e gloriose,
0 tessaliche strette,
Dove la Persia e il fato assai men forte
Fu di poch'alme franche e generose!
lo credo che le piante e i sassi e l'onda
E le montagne vostre al passeggere
Con indistinta voce
Narrin siccome tutta quella sponda
Coprir le invitte schiere
De' corpi ch'alla Grecia eran devoti.
Allor, vile e feroce,
Serse per l'Ellesponto si fuggia,
Fatto ludibrio agli ultimi nepoti;
E sul colle d'Antela, ove morendo
Si sottrasse da morte il santo stuolo,
Simonide salia,
Guardando l'etra e la marina e il suolo.
E di lacrime sparso ambe le guance,
E il petto ansante, e vacillante il piede,
Toglicasi in man la lira:
Beatissimi voi,
Ch'offriste il petto alle nemiche lance
Per amor di costei ch'al Sol vi diede;
Voi che la Grecia cole, e il mondo ammira
Nell'armi e ne' perigli
Qual tanto amor le giovanette menti,
Qual nell'acerbo fato amor vi trasse?
Come si lieta, o figli,
L'ora estrema vi parve, onde ridenti
Correste al passo lacrimoso e duro?
Parea ch'a danza e non a morte andasse
Ciascun de' vostri, o a splendido convito:
Ma v'attendea lo scuro
Tartaro, e l'ond'a morta;
Nè le spose vi foro o i figli accanto
Quando su l'aspro lito
Senza baci moriste e senza pianto.
Ma non senza de' Persi orrida pena
Ed immortale angoscia.
Come lion di tori entro una mandra
Or salta a quello in tergo e sì gli scava
Con le zanne la schiena,
Or questo fianco addenta or quella coscia;
Tal fra le Perse torme infuriava
L'ira de' greci petti e la virtute.
Ve' cavalli supini e cavalieri;
Vedi intralciare ai vinti
La fuga i carri e le tende cadute,
E correr fra' primieri
Pallido e scapigliato esso tiranno;
ve' come infusi e tintí
Del barbarico sangue i greci eroi,
Cagione ai Persi d'infinito affanno,
A poco a poco vinti dalle piaghe,
L'un sopra l'altro cade. Oh viva, oh viva:
Beatissimi voi
Mentre nel mondo si favelli o scriva.
Prima divelte, in mar precipitando,
Spente nell'imo strideran le stelle,
Che la memoria e il vostro
Amor trascorra o scemi.
La vostra tomba è un'ara; e qua mostrando
Verran le madri ai parvoli le belle
Orme dei vostro sangue. Ecco io mi prostro,
0 benedetti, al suolo,
E bacio questi sassi e queste zolle,
Che fien lodate e chiare eternamente
Dall'uno all'altro polo.
Deh foss'io pur con voi qui sotto, e molle
Fosse del sangue mio quest'alma terra.
Che se il fato è diverso, e non consente
Ch'io per la Grecia i mororibondi lumi
Chiuda prostrato in guerra,
Così la vereconda
Fama del vostro vate appo i futuri
Possa, volendo i numi,
Tanto durar quanto la vostra duri.

[Leopardi - All'Italia]

17.1.08

Università Roma la Scemenza

Bene, è passato un tempo sufficiente acciocché anch'io mi pronunci in proposito.
Sinceramente penso che, per prima cosa, sia stata fatta una figura di merda senza paragoni. Ciò mi rende per l'ennesima volta stanca di far parte di un paese di cui mi devo sentir stanca di far parte.
Perché sono sempre, e sempre stata, dell'opinione secondo la quale l'attacco è la difesa ultima, e ci si spinge alla difesa ultima solo quando si è in posizione di estrema debolezza.
Certo, le rivoluzioni non si fanno standosene in poltrona a contemplare il fatto proprio, ma non si fanno nemmeno con atti sconsiderati e puerili di punto rilievo strategico.
Chi vi parla non è certo una fervente cattolica, come avrete capito. Se mi devo definire, prendo spunto dal bello studio sul libero arbitrio (unica questione su cui mi sapete ben salda sulla stessa posizione dall'età di 16 anni) di Nannini che mi inquadra senza dubbio alcuno tra quei deterministi duri presso i quali assai poco spazio è concesso alla religione e le cui posizioni, proprio citando Nannini, «per i più sono non solo false, ma degne della più ferma riprovazione morale».
Detto questo giusto come cappello utile a voi per criticare la mia opinione con il giusto metro, credo che, per prima cosa, se il rettore ha preso una decisione non condivisa da un numero così elevato (67, dicono) di docenti, qualcosa non va all'interno della piramide dei bottoni de la Sapienza. In pieno spirito democratico, non confido in nessun modo nello strapotere dei rettorati: la decisione avrebbe dovuto esser messa ai voti, e se così è stato fatto, la petizione in sé e la sua aggressività sono a maggior ragione l'indice dell'imbecillità e della miopia della classe docente de la Sapienza, non avendo alcun fondamento democratico né di altra natura.
In secondo luogo, sono senz'altro d'accordo che l'invito rivolto al papa a tenere in quella sede un discorso poi rivelatosi di quel genere fosse di dubbia condivisibilità. Tuttavia, a cose ormai organizzate, personalmente come studentessa mi sarei limitata a sbadigliare grandemente al momento del discorso, o se proprio come insegnante avessi voluto destare scalpore, non mi sarei presentata all'evento, facendo senz'altro miglior figura per me e per la mia categoria tutta.
D'altronde, Ratzinger è una persona intelligente e come tale merita se non altro tolleranza e di essere ascoltato. Nel suo ruolo può suscitare rancori profondi, posso capirlo; ma, pfui, l'idea di corrergli contro con cartelli del tipo "avete ucciso Giordano Bruno" mi fa, se possibile, ancora più tristezza.
Che noia. Lo so, l'ho detto io stessa che le rivoluzioni non si fanno da seduti, ma buondìo - è il caso di dirlo -, si fanno quando è il caso di farle. Il cattolicesimo si sta già sgretolando da solo. Risparmiamo le nostre forze per qualcosa di più interessante.

15.1.08

Ufficiale: Maat è innamorata.

Ovvero: per tutti quelli la cui intelligenza si sentiva offesa da Conan e dai suoi pezzi di nastro adesivo e di filo da pesca

Era raro già quand'ero piccola che mi appassionassi tanto ad un fumetto o, in generale, ad un personaggio di fantasia, e in ogni caso non mi capitava più da anni.
Ma, da qualche settimana, ho trovato l'amore.
Consiglio a tutti voi la lettura del manga o la visione dell'anime (non ancora tradotto in italiano) dal titolo Death Note.
Un escamotage a prima vista pretestuoso genera una trama mozzafiato. Pane per i denti di chiunque ami mettere in discussione il proprio quoziente intellettivo. Un vero capolavoro per la sceneggiatura di Tsugumi Ohba e per i disegni di Takeshi Obata.
È possibile vedere le puntate della serie animata cliccando qui.
Buona lettura, o buona visione.


12.1.08

Stasera il vernissage

Bari - dal 12 al 20 gennaio 2008
Upupa | MUSEO NUOVA ERA

UPUPA è un’asta di opere di artisti famosi e l’esposizione dei lavori di Michele Giangrande (installazione multiscenica) Giampiero Milella (installazione ed azione) e Fabrizio Sacchetti (opera e performance).
Infine un po’ di musica e di cibo renderanno più digeribile il prodotto dell’arte. Gradita la puntualità.
UPUPA è anche una rassegna giornaliera di film che potrete vedere comodamente seduti in galleria: Koyaanisqatsi (1982 di Godfrey Reggio), Babel (2006, di Alejandro Gonzalez Inarritu), Constantine (2004, di Francis Lawrence), Il fascino discreto della borghesia (1972, di Luis Buñuel) Hollywood Party (1968, di Blake Edwards), Brazil (1985, di Terry Gilliam), Le fiabe di Hello Kitty (2006, di Yasuo Ishikawa).