tag:blogger.com,1999:blog-195269122024-03-13T13:07:58.235+01:00I caratteri del disturbo cronicodrammatiche divagazioni di una giovin signora incapace ad accontentarsiMaathttp://www.blogger.com/profile/05227988644071527552noreply@blogger.comBlogger182125tag:blogger.com,1999:blog-19526912.post-50235300218751828972013-06-11T11:34:00.002+02:002013-06-11T11:34:14.749+02:00StillMusic changes, the refrain<br />
plays some unsung melody.<br />
Yet the tune just sounds to me:<br />
"what I was I still remain".Maathttp://www.blogger.com/profile/05227988644071527552noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-19526912.post-40591065450371438052013-05-28T19:35:00.002+02:002013-05-28T19:35:46.601+02:00I drammi del collo lungoLa giraffa ha il cuore<br />
lontano dai pensieri.<br />
Si è innamorata ieri<br />
e ancora non lo sa.<br />
<br />
Stefano BenniMaathttp://www.blogger.com/profile/05227988644071527552noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-19526912.post-20158930169753985482013-05-28T15:32:00.000+02:002013-05-28T15:32:03.394+02:00Quelli che amanoQuelli che amano tacciono.<br />
L’amore è il silenzio più fine,<br />
il più tremante, il più insopportabile.<br />
Quelli che amano cercano,<br />
sono quelli che lasciano perdere<br />
sono quelli che cambiano, quelli che dimenticano.<br />
Il cuore dice loro che non troveranno mai,<br />
non trovano, cercano.<br />
Quelli che amano vanno come pazzi<br />
perché stanno soli, soli, soli,<br />
consegnandosi, dandosi ogni istante,<br />
piangendo perché non salvano l’amore.<br />
Li preoccupa l’amore. Quelli che amano<br />
vivono alla giornata, non possono fare di più, non sanno.<br />
Sempre se ne stanno andando,<br />
sempre, da qualche parte.<br />
aspettano,<br />
non aspettano nulla, ma aspettano.<br />
Sanno che non troveranno mai.<br />
L’amore è la proroga perpetua,<br />
sempre il passo seguente, l’altro, l’altro.<br />
Quelli che amano sono gli insaziabili<br />
quelli che sempre – meno male!- resteranno soli.<br />
Quelli che amano sono l’idra del racconto.<br />
Hanno serpenti al posto delle braccia.<br />
Le vene del collo gli si gonfiano<br />
anche come serpenti per asfissiarli.<br />
Quelli che amano non possono dormire<br />
perchè se si addormentano se li mangiano i vermi.<br />
Nel buio aprono gli occhi<br />
e in loro cade lo spavento.<br />
Trovano scorpioni sotto il lenzuolo<br />
e il loro letto galleggia come su di un lago.<br />
Quelli che amano sono pazzi, soltanto pazzi,<br />
senza Dio e senza diavolo.<br />
Quelli che amano escono dalle loro grotte<br />
tremanti, affamati,<br />
a cacciare fantasmi.<br />
Ridono di quelli che lo sanno tutto,<br />
di quelli che amano per sempre, veracemente,<br />
di quelli che credono nell’amore come una lampada d’olio inesauribile.<br />
Quelli che amano giocano ad afferrare l’acqua,<br />
a tatuare il fumo, a non andarsene.<br />
Giocano al lungo, triste gioco dell’amore.<br />
Nessuno si può rassegnare.<br />
Dicono che nessuno si può rassegnare.<br />
Quelli che amano si vergognano di qualsiasi conformismo.<br />
Vuoti, ma vuoti da una costola all’altra,<br />
La morte li corrode dietro gli occhi,<br />
e loro camminano, piangono fino all’alba<br />
dove treni e galli si salutano dolorosamente.<br />
A volte gli arriva un odore a terra appena nata,<br />
a donne che dormono con la mano nel sesso, compiaciute,<br />
a ruscelli d’acqua tenera e cucine.<br />
Quelli che amano cantano tra le labbra<br />
una canzone mai imparata,<br />
e se ne vanno piangendo, piangendo,<br />
la bella vita.<br />
<br />
Jaime Sabines<br />
<br />Maathttp://www.blogger.com/profile/05227988644071527552noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-19526912.post-24823666605959354572013-03-10T19:18:00.001+01:002013-03-10T19:19:26.283+01:00Cose che ho imparato #003<div style="text-align: justify;">
L'importanza di <i>riconoscere</i>.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Riconoscere, cioè <i>ammettere</i>. Riconoscere gli errori e riconoscere le scelte giuste. Riconoscere i meriti, le colpe.</div>
<div style="text-align: justify;">
Riconoscere come <i>essere riconoscenti</i>. Essere grati a tutti, a tutto.</div>
<div style="text-align: justify;">
Ri-conoscere, cioè <i>riprendere </i>a <i>conoscere</i>. Combattere l'oblio delle cose necessarie.</div>
<div style="text-align: justify;">
Riconoscere come fare <i>ri-cognizioni</i>. Attraversamenti ed esplorazioni dei mondi e dei modi - infiniti - di esistere.</div>
<div style="text-align: justify;">
Riconoscere, anzi, riconoscer<i>si</i>. Il miracolo di quando avviene «senza conoscersi».</div>
<div style="text-align: justify;">
«Mamma, riconoscimi!». La voglia di star per strada, tra la gente, e il bisogno che, d'un tratto, passi qualcuno per il quale <i>sei qualcuno</i>.</div>
Maathttp://www.blogger.com/profile/05227988644071527552noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-19526912.post-41170974147064465592013-03-09T03:49:00.003+01:002013-03-09T03:49:37.233+01:00Cose che non si imparano. Un addio.<div style="text-align: justify;">
Questo è il posto sufficientemente riparato per dirti quello che penso senza che il vento lo porti in giro altrove che lì, dove sei ora.</div>
<div style="text-align: justify;">
Un posto sufficientemente riparato per dirti qualcosa che nessuno accetterebbe.</div>
<div style="text-align: justify;">
Volevo dirti che sei stato coraggioso. Non dico che hai fatto bene. Ovviamente no. Per quel poco che ne so e per quel qualcosa che ho capito, molti ti volevano bene davvero. Queste sono grandi fortune. Ma, per carità. Se hai deciso che non ti bastava forse non ti sei sentito veramente amato. E forse non lo sei stato. Non so.</div>
<div style="text-align: justify;">
Ma quello che vorrei poterti confessare, dicevo, è che penso che tu sia coraggioso.</div>
<div style="text-align: justify;">
Perché hai fatto una scelta dolorosissima e l'hai portata a termine - dicono - senza esitazioni. Hai fatto quello che sentivi di dover fare, tutto d'un fiato. Con rabbia, come un gesto di rivolta verso quello che non ti bastava. Hai pensato di non poterlo cambiare e, credo, ti sbagliavi. Però t'invidio la coerenza con cui, pensandolo, hai agito di conseguenza. </div>
<div style="text-align: justify;">
No, io non sono di quelli che pensano che tu abbia mollato. Ho profondo rispetto per la scelta che hai fatto. Ne avevi tutto il diritto, magari giusto nei limiti del male che qualcuno dovrà patire adesso. Ma non è nulla che mi riguardi. Certamente sai.</div>
<div style="text-align: justify;">
E quindi tu il tuo diritto di non accettare nulla te lo sei preso con la forza e, cazzo, ti apparteneva. Ti apparteneva come a tutti. Eppure, in quanti si dilettano in questo, come un gioco? Non è stato il tuo caso. </div>
<div style="text-align: justify;">
Però mi turba moltissimo. Mi turba e mi dispiace. Non posso dire che me l'aspettavo, no. Ma che eri triste lo sapevo, quello sì, eccome. Non so come facessi. Io penso che ci sia una sorta di emanazione di infelicità, che solo chi conosce può percepire. E non sei il solo a cui ho sentito addosso quell'odore. Spero che la tua determinazione sia una dote rara.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
Domani avrei voluto essere con te per mostrarti che non eri solo. Ma te lo dico da qui e, se vuoi, ascoltalo.</div>
<div style="text-align: justify;">
<i>You'll be missed</i>. Sì, in inglese perché è più dolce. Sarai <i>missed </i>da tutti, tutti noi. E questo è anche più triste, perché toglie al tuo atto ribelle il motivo di esistere. Ma tu ne sai senz'altro di più. A questo punto spero che avessi altre ragioni. Un po' mi fido. Spero che tu possa star meglio ora.</div>
<div style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div style="text-align: justify;">
<i>Enjoy your flight</i>.</div>
Maathttp://www.blogger.com/profile/05227988644071527552noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-19526912.post-91411177744391549012013-03-05T21:05:00.000+01:002013-03-05T21:05:02.283+01:00Cose che ho imparato #002<div style="text-align: justify;">
Che l'amore è uguale e diverso per tutti. È diverso tra tutti gli uomini, ed è diverso in ogni uomo a seconda dell'uomo a cui è rivolto. Che, comunque, non è mai <i>sano</i>. Che cresce insieme a noi con una sua personalità, che è la nostra. Che quindi, a volte, cresce ritorto, intorno a giuste cose o a cose sbagliate. Bello a vedersi come un ramo di ulivo, ma al tatto duro e spesso indeformabile. Che è il nocciolo. <i>Il fondo. Il mio fondo.</i> </div>
Maathttp://www.blogger.com/profile/05227988644071527552noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-19526912.post-35368311964353355342013-03-05T18:11:00.000+01:002013-03-05T18:11:30.572+01:00Cose che ho imparato #001<div style="text-align: justify;">
Che quando si diventa grandi si è ancora gli stessi che di notte vincevano la paura del buio grazie a una favola raccontata da una persona amata. </div>
<div style="text-align: justify;">
Quello che cerchiamo da chi amiamo è nient'altro che questo. Una favola, che troviamo bella nella misura in cui ci viene raccontato qualcosa che non saremmo stati in grado di inventare. La paura del buio è, in effetti, la paura del nostro buio. Il terrore davanti a tutto ciò che non saremo mai, che non avremo mai, che non potremo mai. E quell'orrore di fronte alla voragine del nulla è l'orrore della morte, <i>horror limitis</i>, <i>horror finis</i>.</div>
Maathttp://www.blogger.com/profile/05227988644071527552noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-19526912.post-45899921346496764322010-07-03T00:44:00.007+02:002010-07-03T01:54:04.527+02:00Sguardi non-profetici dal futuro. Virtù, abitudini e vizi legati al riflettere<div style="text-align: justify;">Se da molto tempo non ho più l'abitudine di scrivere su questo blog, oltre alla patologia Facebook di cui ho già detto <a href="http://maat84.blogspot.com/2009/07/e-necessario-vivere-bisogna-scrivere.html">a sufficienza</a>, è perché evidentemente i primi sintomi di una maturità di qualche tipo cominciano ad affacciarsi in me allo scoccare del quarto di secolo d'età. Devo quindi aver deciso - a mia insaputa - di mettere in gioco un innato senso del ridicolo e decretare l'inopportunità dell'abitudine di parlare di sé pubblicamente, che rende l'esercizio un vizio, quantomeno in questa modalità.<br /><br />Tuttavia, questa sera è successo qualcosa che mi ha ricordato quale fosse il motivo che invece allora mi spingeva a superare il suddetto pudore: la necessità di bloccare riflessioni sulle quali è necessario lavorare ancora, magari con l'aiuto di qualcuno che non è <span style="font-style: italic;">me stessa</span>.<br /><br />E dunque, mi spiego.<br />Oggi è una di quelle sere in cui in me si verifica un fenomeno che detesto, e che definirei "<span style="font-style: italic;">epifania retroattiva</span>".<br />Si tratta di un momento nel quale, per uno stimolo esterno che può essere di qualsiasi tipo, i miei pensieri vengono proiettati in un futuro generalmente lontano; allora, mi trovo a guardare me stessa dal di fuori e tutto ciò che faccio ed osservo sembra appartenere ad un passato sbiadito. Per qualche (lungo e malinconico) momento, mi sembra di star sfogliando un album di famiglia vecchio di decenni, con i colori falsati dal tempo, in atmosfere demodé. E, naturalmente, di guardare alle persone che lo popolano come a gente da tempo trapassata.<br />La dolorosissima sensazione che ne ottengo è di una commossa ma distaccata tenerezza per l'esistenza in generale e per la mia in particolare, quasi una forma di compassione, quale dev'essere quella che una vizza ottuagenaria prova al ricordo della propria irrecuperabile giovinezza.<br /><br />Non so spiegare altrimenti il dramma costituito dal provare simili sensazioni nei confronti del proprio "qui e adesso".<br />Nella disillusa consapevolezza che, peraltro, queste epifanie non portano in genere alcun tipo di frutti utili dal futuro, devo concluderne che si tratta di un puro esercizio di masochismo del mio cervello che sente di tanto in tanto l'irrefrenabile desiderio di ricordarmi la caducità della vita.<br /><br />Ora, che cosa io mi aspetti a valle della pubblicazione di questo post, è un mistero anche per me.<br />Forse mi interessa sapere se per caso non sono l'unica a sperimentare di tanto in tanto tutto questo; forse no.<br />Intanto, l'appunto è stato preso, il promemoria registrato.<br />Per stasera, tanto mi basta. Anzi, mi bastò.<br /><br /><a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="http://www.webvolution.it/blog/wp-content/plugins/hot-linked-image-cacher/upload//blims/google-vintage.jpg"><img style="display: block; margin: 0px auto 10px; text-align: center; cursor: pointer; width: 390px; height: 277px;" src="http://www.webvolution.it/blog/wp-content/plugins/hot-linked-image-cacher/upload//blims/google-vintage.jpg" alt="" border="0" /></a></div>Maathttp://www.blogger.com/profile/05227988644071527552noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-19526912.post-62738831499033792292009-09-13T14:41:00.002+02:002009-09-13T14:48:02.966+02:00Il claustrofilo<object height="344" width="425"><param name="movie" value="http://www.youtube.com/v/O2no8NFb8SU&hl=it&fs=1&"><param name="allowFullScreen" value="true"><param name="allowscriptaccess" value="always"><embed src="http://www.youtube.com/v/O2no8NFb8SU&hl=it&fs=1&" type="application/x-shockwave-flash" allowscriptaccess="always" allowfullscreen="true" height="344" width="425"></embed></object><br /><br /><p style="text-align: justify;">Un architetto fatto e finito, anzi, progettato e costruito, al ventiquattresimo autunno nel punto massimo di sopportazione inforca gli occhiali, sparisce nei sotterranei, non lascia scritto niente dei, ai, sui suoi contemporanei. Pratica l’arte del nascondersi dentro i cunicoli che la gente usa in metro per muoversi: rimesse, caldaie, locali tecnologici, condotti termici e altri spazi privi di sguardi vigili divorati dalle ruggini. Polvere, sedimenti ed affioramenti umidi. L’estetica della non-curanza. La manutenzione di grado-salvezza sono le linee di forza di ogni costruzione posta sotto la crosta terrestre. Sopra la terre si cresce. Sotto la terra si germina. Un architetto non parla, non progetta e non sovraccarica. Quando invece preferisce: delimita. Abita.</p><div style="text-align: justify;"> </div><p style="text-align: justify;"><span style="font-weight: bold;">Un architetto fatto e finito, anzi, progettato e costruito, al ventiquattresimo autunno fa il punto della situazione.</span> Reperisce materiali, ricostruisce i modelli. Per non confrontarsi inventa nuovi livelli che siano indispensabili per sostentarsi. Il suo laboratorio è situato là dove nessuno è solito avventurarsi, così farà in tempo a costruire qualcosa prima che qualcuno gli dica di non provarci perché potrebbe sbagliarsi. Piuttosto che opporsi o scegliere di adeguarsi è meglio nascondersi e presentarsi dopo anni diversi e forti di una personale realtà dei fatti che matura negli spazi non contaminati, perfettamente coibentati, paralleli e diametrali, perché ci sia una vera scelta tra i piani e non ci si elimini vicendevolmente come tra spazi euclidei e lobacevskijani.</p><div style="text-align: justify;"> </div><p style="text-align: justify;">Scelte spaziali personali. Reset sugli spazi comuni. Palette di angoli generata, alienata dai default, soffocata dai preset, evoca pattern precedenti all’archetipo. Utenti che si credono programmatori ostacolano il progresso con sguardo dimesso con visuale ampia a 300 gradi sugli assi x, y, z. Io mi prendo quei 60 di visuale cieca che stanno sotto terra. Economia degli ambienti. Occupo il quarto asse: quello dei tempi. Stabilisco la mia casa. Disegno la città futura. Riqualifico gli spazi che non si utilizzano in modo efficace. Niente parchi o verde imbrigliato. Niente negozi ulteriori. Niente locali o parcheggi. Niente inaugurazioni. Niente azioni critiche. Solo abitazioni sotterranee per relazioni non istantanee, per chi si concentra in poco spazio e poco ossigeno. Le mie facoltà verbali si limitano: parlo a scatti.</p><div style="text-align: justify;"> </div><p style="text-align: justify;">Strati intorno<br />Sotto e sopra<br />Manodopera<br />Scavabuchi<br />Non mi tocca<br />La mia porta<br />Sempre chiusa<br />La mia casa<br />Sempre occulta<br />Una stanza<br />Fuori gente<br />Dentro tutto<br />Fuori niente<br />Dentro niente<br />Interesse<br />Già perduto<br />Parli troppo<br />Resto muto<br />Ami il traffico<br />Amo il chiuso<br />Io mi sposto<br />Non incontro<br />Io contorco<br />Non riposo<br />Tu sereno<br />Sei estremo<br />Io cammino<br />Tu cammini<br />Ci dividono<br />Dei tombini<br />Tu fai tardi<br />Non so l’ora<br />Luce filtra<br />Sto leggendo<br />Vado in duomo<br />Sottoterra<br />Senza metro<br />Passo d’uomo<br />Mi procuro<br />Tu acquisti<br />Siete tristi<br />Sono chiuso<br />Siete allegri<br />Sono neutro<br />Sottoterra<br />Come i morti<br />Sulla terra<br />Tu ti sposti<br />Quali costi<br />Quali affetti<br />Tu rifletti<br />Troppo poco<br />Io mi fletto<br />Tocco il vuoto<br />Tu rifletti<br />Troppo poco<br />Ma capisci<br />Penso troppo<br />Mi nascondo<br />Provo gioia<br />Mi nascondo<br />Sono puro<br />Io disegno<br />Dove abiti<br />Nel futuro<br />Ti rinchiudo<br />Ti dirigo<br />Con la penna<br />La città<br />Sarà diversa<br />Chi comanda<br />È chi progetta<br />Chi disegna<br />Chi si sposta<br />La protesta<br />Non mi serve<br />Cosa serve<br />La matita<br />La matita<br />La matita</p><p style="text-align: justify;"><span style="font-size:78%;"><br /></span></p><p style="text-align: justify;"><span style="font-size:78%;">(Uochi Toki, <span style="font-style: italic;">Il Claustrofilo</span>, 2009)</span><br /></p>Maathttp://www.blogger.com/profile/05227988644071527552noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-19526912.post-52386993074766531082009-09-12T18:26:00.003+02:002009-09-12T18:29:58.402+02:00Fari nella notte<span style="font-size:130%;"><span style="font-style: italic;"><br /><span style="font-family: georgia; font-weight: bold;">«The inner meaning of his architecture derives from these pendular alternatives, from the joyful refusal to select one of them, reducing the range of his vital tentacles.»</span></span></span><br /><span style="font-size:78%;"><br />(Bruno Zevi su Arieh Sharon)<br /><br /></span><a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="http://upload.wikimedia.org/wikipedia/en/1/14/Sharon_Vorkurs_Albers_Dessau_bw.jpg"><img style="margin: 0px auto 10px; display: block; text-align: center; cursor: pointer; width: 391px; height: 325px;" src="http://upload.wikimedia.org/wikipedia/en/1/14/Sharon_Vorkurs_Albers_Dessau_bw.jpg" alt="" border="0" /></a>Maathttp://www.blogger.com/profile/05227988644071527552noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-19526912.post-56450761847783532292009-08-08T16:27:00.002+02:002009-08-08T16:37:41.622+02:00Prolegomeni ad ogni metafisica del futuro<span style="font-size:130%;">Le leggi del caos</span><br /><br /><a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="http://local.wasp.uwa.edu.au/%7Epbourke/fractals/lorenz/lorenz11.gif"><img style="margin: 0px auto 10px; display: block; text-align: center; cursor: pointer; width: 398px; height: 616px;" src="http://local.wasp.uwa.edu.au/%7Epbourke/fractals/lorenz/lorenz11.gif" alt="" border="0" /></a><br /><div style="text-align: justify;">Vi propongo una riflessione estemporanea.<br /><br />Come sa chi mi conosce un poco, la maggior parte dei miei turbamenti esistenziali si condensa, a volerla far semplice, nell’espressione popolare “chi troppo vuole nulla stringe”; il vano desiderio di una conoscenza enciclopedica era, per l’appunto, quello che mi aveva spinto alla scelta universitaria. Una ingegneria, certo, ma un’ingegneria mista, nella quale trovasse posto tanto l’analisi matematica vettoriale quanto la storia del design, tanto la chimica subatomica quanto il disegno d’architettura.<br />Bene, oggi che comincio a intravedere la fine di questa avventura formativa e che quindi posso guardarla, per così dire, “da lontano”, nella sua interezza, mi sembra si delinei alquanto chiaramente che questa ha seguito sempre un unico disegno. E che questo disegno, anche se a mia insaputa, è risultato alla fine essere quello che avevo cercato sin dal primo momento. Tutto ciò non può che riempirmi di gioia.<br /><br />Eppure, non avrei mai pensato di poter riuscire in un simile compito. Quando finii le scuole medie e mi ritrovai a dover fare l’epica scelta tra liceo classico e liceo scientifico, per un lungo periodo ero molto scettica rispetto a quest’ultimo perché, udite, credevo di non essere tagliata per il disegno tecnico. Una certa carenza di lungimiranza, è il caso di dire. Quando poi ero sul punto di finire il liceo, appunto scientifico, avrei assai volentieri preso filosofia. O, in ogni caso, credevo che sarei diventata tutto fuorché un ingegnere, idea che mi disturbava, quantomeno se applicata alla mia persona. E invece, nell’ultima settimana disponibile per le iscrizioni operai la mia scelta “definitiva” convinta dal piano di studi, ma soprattutto da alcune iniziali inclinazioni per il restauro, senz’altro retaggio di una famiglia di cultori dell’antiquariato e del collezionismo (e di cordiali detestatori di qualsiasi cosa, in arte, possa vantare meno di due o tre secoli d’età). Mai avrei pensato di potermi interessare alla progettazione. Anzi, conservavo molti dubbi sulle possibilità dell’architettura contemporanea di interessarmi veramente. La consideravo, tutto sommato, una materia sterile.<br /><br />Analizzando a posteriori questa mia patologica incapacità di fare previsioni sul mio avvenire mi sono spesso chiesta se presto o tardi non sarei finita ad insegnare meccanica razionale in un cantone svizzero. Ad oggi, otto agosto duemilanove, questa possibilità mi sembra alquanto lontana (ma la misura di quanto ne sono grata potrebbe essere un ottimo indicatore in senso contrario, a voler seguire il trend d’incongruenza adottato finora). In compenso, sto preparando la tesi, una tesi complessa il cui argomento ho la fortuna di aver potuto scegliere in tutta libertà, e la sorpresa che provo ogni passo di documentazione che compio continua a raccontarmi dell’apparente impredicibilità della mia esistenza, e contemporaneamente della sua precisa conformazione ad una scala più ampia. Ancora una volta, ad esempio, mi trovo faccia a faccia con temi e romanzi di fantascienza, genere che mai prima d’oggi mi aveva interessato in alcun modo e dal quale adesso non posso più prescindere.<br /><br />E tuttavia – è qui che volevo andare a parare – oggi vedo che ognuno dei repentini cambi di rotta compiuti rispetto ad ogni mia personale metafisica del futuro non ha fatto che condurmi nell’unica direzione per me da sempre immutata: quella dell’invincibile tensione eclettica.<br />La mia scrivania salentina è coperta di libri. William Gibson e Philip K. Dick, ma anche Borges e Baudrillard. Due libri di cronaca scientifica sul caos matematico. Due Derrida e un McLuhan. Libri di neuroscienze e di informatica. Titoli dal sapore visionario e classici intramontabili di narrativa.<br />In sostanza oggi ho capito che <span style="font-weight: bold;">il premio per l’onestà intellettuale nei confronti di se stessi è la realizzazione di una visione complessiva che si verifica anche quando un desiderio profondo sembra essere stato messo nel cassetto</span>. Con buona pace di chi disse il contratio, la vita è ciò che progettiamo mentre siamo occupati a far accadere altre cose.</div>Maathttp://www.blogger.com/profile/05227988644071527552noreply@blogger.com9tag:blogger.com,1999:blog-19526912.post-35600462461756823172009-07-04T20:09:00.005+02:002009-08-23T21:53:46.077+02:00È necessario vivere / Bisogna scrivere<span style="font-size:130%;"><span style="font-style: italic;">Ovvero: è tutta colpa di Facebook</span></span><br /><div style="text-align: justify;"><br />Ogni tanto ritorno a scrivere su questo blog che, per la verità, non solo non ho mai deciso di abbandonare, ma per il mio subconscio è ancora tutto sommato parte integrante della mia attività nel mondo.<br />Come qualcuno saprà, parte dei motivi che mi portano ad aggiornarlo sempre meno spesso sono costituiti dal fatto che ne ho aperto un altro completamente dedicato all'architettura, e poiché ho ormai un'età veneranda, è bene il caso che orienti il mio tempo alle cause serie più che alle famose "divagazioni" del non sapersi accontentare.<br /><br />E però, a dire la verità, non è che <a href="http://architetturadifficile.wordpress.com/">Il nido</a> sia poi un fattore gravitazionale sufficiente ad esaurire il mio tempo o i miei argomenti; oggi, grazie ad un dialogo assai interessante con Salvatore D'Agostino (<a href="http://wilfingarchitettura.blogspot.com/">http://wilfingarchitettura.blogspot.com/</a>), capisco che è tutta colpa di Facebook.<br /><br />Facebook sembra fornire il massimo livello di libertà individuale nel livellare qualsiasi gerarchia permettendo, almeno in linea di principio, il contatto del contadino tailandese con il presidente degli Stati Uniti.<br />Se è vero che anche i blog costituiscono un rivoluzionario strumento di democratizzazione, permettendo a chiunque di condividere qualsiasi cosa, abbia essa un qualche valore o meno, essi conservano ancora una struttura che lascia all'utente della rete una vastissima libertà di scelta circa il numero e la tipologia di blog da seguire e stabiliscono così ancora una scala di valori che si può definire meritocratica: un bravo blogger avrà molti lettori; un pessimo blogger scriverà solo per sè. <span style="font-weight: bold;">In sostanza, una scala basata sul buonsenso.</span><br /><br /><span style="font-weight: bold;">Facebook ne è completamente privo.</span> Il meccanismo dell'<span style="font-style: italic;">"un'amicizia su facebook non si nega a nessuno"</span> e l'assoluta impossibilità di indicare una scala di priorità nei legami con tali amicizie generano un bombardamento di informazioni completamente inutili e per lo più fastidiose che è impossibile disciplinare in qualsiasi modo. I pochi strumenti a disposizione per modificare le opzioni di visualizzazione delle notizie, infatti, comprendono soltanto scelte bistabili (ON/OFF) da operare <span style="font-style: italic;">nei confronti delle persone</span> anziché di quello che esse condividono (fatte salve alcune applicazioni). <span style="font-weight: bold;">Tale livello di personalizzabilità del servizio è assolutamente inaccettabile</span> per quello che si ritiene ormai lo strumento principe del web 2.0.<br /><br />Ma veniamo al dunque.<br />Questa inutile, dannosa sovraesposizione a fatti di importanza meno che nulla (tecnicamente: <span style="font-weight: bold;">stronzate</span>) e/o a loro descrizioni di livello pre-alfabetico annichilisce il desiderio del blogger "tradizionale" di condividere ulteriori informazioni, benché magari strutturate e circostanziate a dovere, perché a un livello anche conscio egli raggiunge il troppo pieno prima ancora di metter mano alla tastiera.<br />Questo per dirla alla maniera meno dolorosa possibile. A voler guardare più a fondo, in realtà, probabilmente c'è anche dell'altro.<br /><span style="font-weight: bold;">Facebook sta uccidendo i blog</span>, in sostanza, e non sono certo solo io a dirlo. Solo che me ne sono resa conto soltanto adesso, considerando l'effetto sulla mia stessa persona.<span style="font-weight: bold;"> Perché erano nati i blog</span>, sarebbe a questo punto da chiedersi? <span style="font-weight: bold;">Per desiderio di condivisione.</span> Un desiderio alle spalle del quale c'è, ovviamente,<span style="font-weight: bold;"> una percentuale altissima di esibizionismo</span> proprio della maggior parte degli esseri umani.<br />Bene, tale desiderio di condivisione/messa in mostra di sè trovava con i blog la possibilità di tradursi nella diffusione rapidissima di contenuti anche di grande interesse. Trasformava potenzialmente vizi in virtù.<br />Facebook, al contrario (esasperando tra l'altro una tendenza già presente in Twitter) altro non è che un sito che fornisce<span style="font-weight: bold;"> per via endovenosa sostanzialmente la stessa dose di soddisfazione</span> generata dall'aver mostrato qualcosa di sè a qualcuno, ma nella forma al più di una frase associata al proprio nome (eredità del messaggio personale di Messanger) o di un link, o di un test. Poco di più. Lo stesso strumento delle note è fallimentare nella sua assoluta scomodità.<br /><br />Non è difficile quindi cadere nella trappola: perché <span style="font-size:130%;"><span style="font-weight: bold;">non c'è miglior modo di far tacere chi ama chiacchierare che riempirlo di chiacchiere</span></span> consentendogli di rispondere a monosillabi.<br /><br />Allora, il mio appello è ai tanti bravi blogger che conosco. Non smettete per nessun motivo. E usate Facebook il meno possibile. Lo usate già poco? Usatelo la metà di quel poco. E attenzione ai contentini.<br /><br /><span style="font-size:85%;">P.s.: se per caso questo post vi avesse generato un qualche desiderio di rispondere, non fatelo su Facebook. Venite qui, bussate alla porta di quelli con cui vi interessa davvero interagire. E imparate a ignorare tutti gli altri.<br /><br /></span><a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="http://www.dariosalvelli.com/wp-content/uploads/2008/11/new-playboy-blog-twitter-facebook1.jpg"><img style="margin: 0px auto 10px; display: block; text-align: center; cursor: pointer; width: 392px; height: 519px;" src="http://www.dariosalvelli.com/wp-content/uploads/2008/11/new-playboy-blog-twitter-facebook1.jpg" alt="" border="0" /></a><br /></div>Maathttp://www.blogger.com/profile/05227988644071527552noreply@blogger.com10tag:blogger.com,1999:blog-19526912.post-14524223165729655432009-03-15T15:14:00.001+01:002009-03-15T15:16:18.733+01:00Troppo paradiso per aggiungere sillabeDelight is as the flight -<br />Or in the Ratio of it,<br />As the Schools would say -<br />The Rainbow's way -<br />A Skein<br />Flung colored, after Rain,<br />Would suit as bright,<br />Except that flight<br />Were Aliment -<br /><br />"If it would last"<br />I asked the East,<br />When that Bent Stripe<br />Struck up my childish<br />Firmament -<br />And I, for glee,<br />Took Rainbows, as the common way,<br />And empty skies<br />The Eccentricity -<br /><br />And so with Lives -<br />And so with Butterflies -<br />Seen magic - through the fright<br />That they will cheat the sight -<br />And Dower latitudes far on -<br />Some sudden morn -<br />Our portion - in the fashion -<br />Done -<br /><br /><span style="font-size:78%;">[Emily Dickinson - <span style="font-style: italic;">J257</span>]</span>Maathttp://www.blogger.com/profile/05227988644071527552noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-19526912.post-4974304730283506622009-03-04T23:42:00.004+01:002009-03-04T23:52:07.360+01:00Ogni tanto<span style="font-weight: bold;"><a href="http://www.exibart.com/profilo/eventiv2.asp?idelemento=67813"><u>Bari - dal 4 al 19 marzo 2009</u></a></span><br /><div style="text-align: justify;"><a href="http://www.exibart.com/profilo/eventiv2.asp?idelemento=67813"><u><span style="font-weight: bold;">Donatella Vox - L.B.A. Leon Battista Alberti | GALLERIA BLUORG</span></u></a><br /><br />Donatella Vox torna al BLUorG con un nuovo ciclo artistico sulla scia della memoria storica, riportando alla luce aspetti nascosti e suggestioni creative, nel nome del padre dell’architettura.<br /><br /><a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="http://www.exibart.com/profilo/imgpost/rev/813/rev67813%281%29.jpg"><img style="margin: 0px auto 10px; display: block; text-align: center; cursor: pointer; width: 346px; height: 360px;" src="http://www.exibart.com/profilo/imgpost/rev/813/rev67813%281%29.jpg" alt="" border="0" /></a></div>Maathttp://www.blogger.com/profile/05227988644071527552noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-19526912.post-11449911155874015302009-01-19T23:07:00.000+01:002009-01-19T23:09:12.779+01:00La domanda sorge spontanea<object height="344" width="425"><param name="movie" value="http://www.youtube.com/v/A6lbIIQjIsU&hl=it&fs=1"><param name="allowFullScreen" value="true"><param name="allowscriptaccess" value="always"><embed src="http://www.youtube.com/v/A6lbIIQjIsU&hl=it&fs=1" type="application/x-shockwave-flash" allowscriptaccess="always" allowfullscreen="true" height="320" width="400"></embed></object><br /><br /><span style="font-size:78%;">[Rodolfo de Angelis - <span style="font-style: italic;">Ma cos'è questa crisi?</span>, 1933]</span>Maathttp://www.blogger.com/profile/05227988644071527552noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-19526912.post-91368433133404150212009-01-17T00:30:00.006+01:002009-01-17T14:26:05.801+01:00Più studi, meno studi<div style="text-align: justify;"><a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="http://timesonline.typepad.com/photos/uncategorized/2008/07/02/books.jpg"><img style="margin: 0px auto 10px; display: block; text-align: center; cursor: pointer; width: 392px; height: 520px;" src="http://timesonline.typepad.com/photos/uncategorized/2008/07/02/books.jpg" alt="" border="0" /></a>Quando uno arriva in prossimità della fine della propria carriera di studente, è normale che cominci a considerare la pratica dell'esame come una formalità priva di senso. E maggiormente quando ci si trova davanti alla necessità di studiare una materia che si ama moltissimo. Chi mai, infatti, potrà dare alcun valore al giudizio numerico in trentesimi che un semisconosciuto gli affibbierà sulla base di un superficiale dialogo intessuto su sovrastrutture in genere ritrite? Perché ci si dovrebbe sottoporre a questa preistorica usanza quando si è sicuri che il proprio studio <span style="font-style: italic;">della stessa materia</span> continuerà con ogni probabilità per tutto l'arco della vita? Che significa il tuo giudizio sul mio sapere oggi, se domani ne saprò un po' di più?<br /></div><div style="text-align: justify;">Transigendo, peraltro, sulla possibilità (sulla certezza) di disparità di vedute con la classe docente riguardo l'opportunità del taglio dato ai programmi: l'ipotesi di una qualche libertà all'interno di questo ambito porterebbe infatti il post nell'ambito della piena fantascienza. E, spiacente, ma non ho il cassetto "Fantascienza". Per il momento, almeno.<br />Per non parlare di quelle materie che - diciamoci la verità - risultano d'impaccio alla formazione che uno vorrebbe costruire per sè. Che impediscono, con la loro spropositata inerzia, lo svolgersi della propria autoformazione che costituisce un così auspicato (dai professori) indicatore di maturità (dello studente). Perché, se ho sulla scrivania un libro da leggere per ogni nuovo post su <a href="http://architetturadifficile.wordpress.com/">Il nido e la tela di ragno</a>, svariati da studiare per un'ipotetico progetto di tesi e almeno uno che è lì per il mio puro diletto, devo poi utilizzare il mio tempo, per dire, in esercizi sulle macchine frigorifere? Non ha forse tutto ciò qualcosa di profondamente sbagliato?<br /></div>Maathttp://www.blogger.com/profile/05227988644071527552noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-19526912.post-85374307307494562932009-01-13T23:48:00.007+01:002009-01-18T20:30:23.157+01:00Sesto: non mitizzare<br><br /><div style="text-align: justify;"><span style="font-style: italic;">«Da questa proposta si può trarre una regola che può essere valida anche per la presentazione di altre tecniche di comunicazione visiva.</span><br /><span style="font-style: italic;">Primo: far conoscere bene lo strumento che si usa in modo che l'uso sia appropriato e che ogni possibilità strumentale sia nota.</span><br /><span style="font-style: italic;">Secondo: far capire la tecnica più giusta per quello strumento.</span><br /><span style="font-style: italic;">Terzo: lasciare che ognuno scelga e decida che cosa fare con ciò che ha imparato.</span><br /><span style="font-style: italic;">Quarto: analizzare e discutere assieme i risultati dei lavori, non per decidere chi è il più bravo ma per dare una ragione a ognuno secondo il lavoro fatto.</span><br /><span style="font-style: italic;">Quinto: provocare e coordinare il lavoro di gruppo per uno s</span><span style="font-style: italic;">copo spettacolare.</span><br /><span style="font-weight: bold; font-style: italic;">Sesto: distruggere tutto e rifare per aggiornare continuamente e per non mitizzare il lavoro.</span><span style="font-style: italic;">»<br /></span><span><br /><span style="font-size:78%;">[Da Bruno Munari, <span style="font-style: italic;">Fantasia</span>, 1977]<br /><br /></span></span><a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="http://2.bp.blogspot.com/_lgHyQeJdlWA/SW0e4SSlrlI/AAAAAAAAAB4/B_2OFA-cSBg/s1600-h/img247.jpg"><img style="margin: 0px auto 10px; display: block; text-align: center; cursor: pointer; width: 396px; height: 716px;" src="http://2.bp.blogspot.com/_lgHyQeJdlWA/SW0e4SSlrlI/AAAAAAAAAB4/B_2OFA-cSBg/s320/img247.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5290919089561513554" border="0" /></a><br /></div>Maathttp://www.blogger.com/profile/05227988644071527552noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-19526912.post-50094172699086634342009-01-12T23:32:00.002+01:002009-01-12T23:33:58.703+01:00YES, I CAN!<object height="344" width="425"><param name="movie" value="http://www.youtube.com/v/rdkecMOT1ko&hl=it&fs=1"><param name="allowFullScreen" value="true"><param name="allowscriptaccess" value="always"><embed src="http://www.youtube.com/v/rdkecMOT1ko&hl=it&fs=1" type="application/x-shockwave-flash" allowscriptaccess="always" allowfullscreen="true" height="320" width="400"></embed></object>Maathttp://www.blogger.com/profile/05227988644071527552noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-19526912.post-75163597111068759692009-01-11T19:35:00.011+01:002009-01-11T21:06:30.678+01:00Just a perfect day, you made me forget myself.<div style="text-align: justify;">Non credete anche voi che periodicamente ci siano degli eventi che agiscono sulla nostra vita, per così dire, da <span style="font-style: italic;">chiarificatori</span>? Nel senso che prima di essi è tutto magmatico, indistinto, un brodo tra il primordiale e il postapocalittico in cui sono disciolte tutte le vostre vecchie certezze e speranze, e dopo ogni cosa sembra tornare al proprio posto galleggiando, come se una incorporea Mary Poppins ci stesse lavorando su lentamente?<br /><br />Insomma, un po' come quando, presi da un globale sconforto per la propria funzione nel mondo, convinti di aver sbagliato ogni cosa e di essere destinati ad un futuro inutile se non dannoso a sè stessi e alla collettività, ci si abbandona alla lettura di un Chatwin e vi si trova dentro una citazione di Marshall McLuhan.<br />Mi rendo conto che la cosa possa non significare granché per la maggior parte di voi, ma per me è stato un fulmine a ciel sereno. È come se Bruce Chatwin avesse voluto dirmi: «seguila, è la strada giusta! Puoi essere <span style="font-style: italic;">come loro </span>ed anche essere <span style="font-style: italic;">come me</span>». E se lo dice Bruce, dev'essere senz'altro vero.<br /><br />E poi ho finito il saggio e il romanzo che stavo leggendo, e ho comprato un altro saggio, e un altro romanzo, e presto finiranno anche quelli, e ne verranno di nuovi.<br />E ho rivisto le mie tre assurde compagne della nostra tristissima fine d'infanzia: l'astronauta è diventata una psicologa, la cantante una restauratrice, la stilista una giovane madre... ed io, che non sapevo cos'ero allora, oggi non so cosa sarò: ma è perché voglio che sia una sorpresa, che lo sia soprattutto per me.<br /><br />E una grossa sfida imminente, e un'inesauribile passione, e un gran ribollire politico, e infine chissà, qualche interessante possibilità alle porte.<br /><br />Così è iniziato il mio nuovo gennaio, così intendo vestirmene. Le tinte cupe di sfondo, il resto sotto la luce.<br /><br /><a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="http://www.rositour.it/Arte/Caravaggio/Ragazzo%20con%20cesto%20di%20frutta_G.Borghese%20Roma.jpg"><img style="margin: 0px auto 10px; display: block; text-align: center; cursor: pointer; width: 389px; height: 384px;" src="http://www.rositour.it/Arte/Caravaggio/Ragazzo%20con%20cesto%20di%20frutta_G.Borghese%20Roma.jpg" alt="" border="0" /></a><br /></div>Maathttp://www.blogger.com/profile/05227988644071527552noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-19526912.post-31175061016109585732009-01-01T22:42:00.003+01:002009-01-01T22:58:44.375+01:00Buona volontà, cattiva coscienza, nuovo anno e vecchi merletti<div style="text-align: justify;"><span style="font-weight: bold; color: rgb(204, 0, 0);font-family:arial;" >Buonasera.</span><br /><span style="font-weight: bold; color: rgb(204, 0, 0);font-family:arial;" >No, probabilmente non ho molto da dirvi, ma è che in giorni come questo, come il primo di un anno che si preannuncia tra i più difficili della mia vita, reminiscenze ancestrali di una certa superstizione di carattere domestico si risvegliano quale estremo appiglio di fantasie diversamente indebolite dalle circostanze.</span><br /><span style="font-weight: bold; color: rgb(204, 0, 0);font-family:arial;" >Insomma, scrivo qui oggi semplicemente perché spero che il 2009 mi porti la possibilità di venir fuori dalla paralisi che ha messo i ceppi mesi fa alla mia vita e che ancora non sembra avere alcuna intenzione di allentare la presa. Se scrivo oggi, mi dico, l'hai visto mai: magari scrivo tutto l'anno.</span><br /><span style="font-weight: bold; color: rgb(204, 0, 0);font-family:arial;" >E allora, buon inizio a voi, uomini di buona volontà. </span><br /></div>Maathttp://www.blogger.com/profile/05227988644071527552noreply@blogger.com4tag:blogger.com,1999:blog-19526912.post-56339836215743826812008-11-17T23:53:00.009+01:002008-11-18T00:53:47.292+01:00A volte ritornanoCi risiamo.<br /><div style="text-align: justify;">Ebbene, sapete, ho passato questi mesi un po' dentro me stessa, alla ricerca di certe motivazioni e via dicendo; insomma, una triste e consueta storia di solipsismo che senz'altro non siete venuti qui per leggere. Se siete ancora qui, invece, è senz'altro per qualche altro motivo che ancora mi sfugge; ma devo ringraziarvene immensamente.<br />Se, infatti, a ventiquattr'anni ormai da qualche giorno suonati, ho ancora il desiderio di sedere qui e scrivere, lo devo in primo luogo a voi, chiunque siate, che in quasi tre anni di saltuaria frequentazione (mia e vostra) di questa bettola della chiacchiera romantica mi avete tenuta stretta alla tastiera con le vostre tante, piccole sorprese quotidiane.<br />E di quanto queste abbiano riempito certi sghembi spazi residuali della mia esistenza mi sono accorta solo quando ho voluto privarmene, per riuscire a ripercepirne l'importanza. E deve aver funzionato. Che dite?<br /><br />Ma bene, basta con i lacrimoni. Oggi è giorno di festa!<br />Se ne avrò il tempo e il modo (leggasi, l'aiuto ;>) farò, come promesso, un po' d'ordine qui nella catapecchia.<br />Nel frattempo però, va detto, non sono stata propriamente con le mani in mano. Ho studiato, come mio solito, ed ho deciso di aprire quell'altro blog di cui avevo cominciato a parlarvi mesi or sono. Devo dire che non va ancora propriamente a regime, ma si tratta di qualcosa di serio, che richiede studio approfondito prima della scrittura e che ha fini di indagine a livello professionale. Insomma, ho bisogno di tempo. :)<br />Se intanto volete dargli una sbirciatina, ecco qua: <a href="http://architetturadifficile.wordpress.com/">http://architetturadifficile.wordpress.com/</a>.<br /><br />E allora dunque, in alto i calici. Bentornata a me e bentrovati voi. Si ricomincia!<br /></div><br /><a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="http://1.bp.blogspot.com/_lgHyQeJdlWA/SSIC9s5CNDI/AAAAAAAAABU/35zMJO6ZhRs/s1600-h/img199.jpg"><img style="margin: 0px auto 10px; display: block; text-align: center; cursor: pointer; width: 387px; height: 502px;" src="http://1.bp.blogspot.com/_lgHyQeJdlWA/SSIC9s5CNDI/AAAAAAAAABU/35zMJO6ZhRs/s320/img199.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5269777773022557234" border="0" /></a><br /><span style="font-size:78%;">[Marlene Dumas, <span style="font-style: italic;">Genetiese Heimwee</span>, 1984]</span>Maathttp://www.blogger.com/profile/05227988644071527552noreply@blogger.com9tag:blogger.com,1999:blog-19526912.post-45001286165655690102008-07-20T15:34:00.002+02:002008-11-18T17:03:32.943+01:00Lentamente muore chi diventa schiavo dell'abitudine<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="http://www.erikartaz.net/blog/media/1/20080214-861609768_d5a4b0a93c_o.jpg"><img style="margin: 0px auto 10px; display: block; text-align: center; cursor: pointer; width: 378px; height: 576px;" src="http://www.erikartaz.net/blog/media/1/20080214-861609768_d5a4b0a93c_o.jpg" alt="" border="0" /></a><br /><div style="text-align: justify;">Da più parti mi si chiede cosa sia della mia ispirazione, in quale oscuro antro della mia vita mentale l'abbia ricacciata, e in cambio di cosa; l'unica risposta che mi è dato fornire è che non c'è una risposta degna d'essere fornita. <span style="font-style: italic;">Ho da studiare</span>, <span style="font-style: italic;">sono molto stanca</span>, <span style="font-style: italic;">non trovo il tempo</span>, sono le forme verbali sotto le quali al mio meglio riesco a trasferire, a chi me lo chiede, il senso di questo repentino silenzio che avvolge <span style="font-style: italic;">I caratteri</span>, e me, da lunghi mesi a questa parte.<br />Forse una sorta di horror pleni conseguente al disordine cronico da cui la mia vita è affetta da sempre, o, almeno, da quando ho ricordi: il silenzio di tutti i sensi, e dei sentimenti, che vuole permettere un defrag complessivo della mia intelligenza. Voglio ricominciare facendo tabula rasa di tutta la zavorra che ho accumulato fino ad ora.<br />Avrei senz'altro bisogno di cambiare casa.<br />Avrei probabilmente bisogno di cambiare città.<br />Avrei forse bisogno di cambiare compagnie.<br />No, forse no.<br />Mi basterebbe cambiare punto di vista, e se c'è una sola cosa per la quale salvo l'estate, questa è la possibilità che mi dà di poter leggere liberamente romanzi, cioè <span style="font-style: italic;">autori</span>, di trasformarmi in essi, di assumere la loro ottica e vivere una piccola vita lunga approssimativamente un mese, una vita <span style="font-style: italic;">nuova</span>, una prospettiva fresca, come la mia piccola stanza persa nel Salento, bianca dei suoi pochi oggetti, quasi tutti cimeli di viaggio.<br />L'anno scorso è stato H.H., in cui ho scoperto un amante / alter ego teutonico perfetto. Quest'anno avrei voluto tuffarmi in qualcun altro, ma non credo che sarà possibile.<br />Studierò, ma se mi riesce, lo renderò un piacere altrettanto visceralmente raffinato.<br /><br />E in autunno tornerò rinnovata, almeno un poco, e riprenderò a scrivere.<br />Lo prometto.<br />Prima, magari, aprirò la finestra e passerò un poco la pezza qui dentro, perché sento odore di chiuso, e c'è polvere ovunque.<br />E intanto vi farò quella sorpresa di cui vi stavo parlando. Ci sto lavorando, non temete.<br /></div>Maathttp://www.blogger.com/profile/05227988644071527552noreply@blogger.com11tag:blogger.com,1999:blog-19526912.post-90409481291017687872008-06-06T23:50:00.002+02:002008-06-06T23:53:50.222+02:00Stiamo lavorando per noi<div style="text-align: justify;">Il mio calderone pullula di novità. A presto un nuovo abitante della rete :)<br />Perdonatemi, dunque, se vi tengo sul filo!<br /></div><br /><a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="http://francesco.cattani.googlepages.com/bagnopubblico..jpg/bagnopubblico.-full.jpg"><img style="margin: 0px auto 10px; display: block; text-align: center; cursor: pointer; width: 360px; height: 360px;" src="http://francesco.cattani.googlepages.com/bagnopubblico..jpg/bagnopubblico.-full.jpg" alt="" border="0" /></a><span style="font-size:78%;"><br />[Liberamente tratto da <a href="http://francesco.cattani.googlepages.com/">http://francesco.cattani.googlepages.com/</a>]</span>Maathttp://www.blogger.com/profile/05227988644071527552noreply@blogger.com7tag:blogger.com,1999:blog-19526912.post-20557248428511271662008-05-23T15:43:00.007+02:002008-05-23T22:35:30.725+02:00L'architettura del sonno<div style="text-align: justify;">Se esiste un disturbo legato all'inversione dei ritmi sonno/veglia anche al di fuori di quelli causati dai viaggi tra fusi orari, io ne soffro di sicuro. In generale vado a letto abbastanza tardi e la mattina per me è sinonimo di tortura, ma prima d'ora non avevo mai raggiunto tali livelli di squilibrio.<br />Ieri mattina mi sveglio presto: alle 8, poi alle 8.30, poi alle 9.30 (è la prassi). Ho revisione al Politecnico e così ci vado a piedi. Mezz'ora abbondante per arrivare, trenta secondi di revisione, e di nuovo sulla via del ritorno, sempre a piedi. La distanza è lunghetta, saranno 2 chilometri e passa, ma ci sono abituata.<br />Tornata a casa, dopo pranzo, prima botta di sonno. È normale, direte. Certo, la sera prima avevo fatto forse le 2.30, diciamo che ci sono state nottate migliori. Ma è pur vero che se devi uscire di casa alle 14 (sempre per tornare al Politecnico), non è il caso che ti metta a dormire alle 13.55. Perchè poi è chiaro che ti svegli di soprassalto alle 14.25, con la lezione che inizia alle 14.30.<br />Va bene, allora scrocco un passaggio in macchina e il ritardo del professore mi aiuta a non perdere la lezione (e persino a schiaffarci di mezzo un salto dal giornalaio che in mattinata aveva cercato di rifilarmi Area 96 al posto di Area 97: <span style="font-style: italic;">welcome to the jungle</span>). Lezione che si prolunga ben più del previsto, peraltro, e tra frizzi e lazzi non sono a casa che per le 19.30.<br />Il tempo di dire "ai e bai" (modo di dire popolare preso a prestito da mio padre, che peraltro data la sua ossessione potrebbe tranquillamente mutarlo in "I eBay" rendendolo senza dubbio più credibile) ed è l'ora di cena.<br />Altra botta di sonno. Ma di quelle pesanti. Scatta così il rito del <span style="font-style: italic;">riposino prima di dormire</span>, usanza da me inventata che, insieme a quella dello <span style="font-style: italic;">spuntino prima di mangiare</span>, può solo vagamente dare un'idea della sregolatezza totale delle mie abitudini basilari.<br />Per farla breve, dormo dalle 21 a mezzanotte. Poi mi sveglio, un po' rinvigorita. Le ultime attività, e per l'una posso andare a dormire <span style="font-style: italic;">sul serio</span>. Solo che non ho più sonno. Mi rivolto tra le lenzuola per un'oretta e poi mi arrendo, non è cosa. Quasi quasi mi metto a leggere.<br />Ma anche su questo fronte le cose non vanno lisce come dovrebbero. Perché dovete sapere che per me leggere a letto è una tragedia. In generale mi addormento nel giro di dieci minuti ogni qualvolta mi trovi in posizione orizzontale o anche solo vagamente obliqua (purché non in compagnia, è ovvio), a prescindere da quale sia il supporto: di conseguenza leggere a letto mi riesce impossibile. Questo indubbio vantaggio, però, per una certa insana ironia, si annulla in caso di insonnia notturna. E così, se intendo procurarmi un po' di sonnolenza, leggere è addirittura controindicato, perché finisce che l'interesse per l'argomento mi fa addirittura dimenticare che dovrei dormire e mi ritrovo a salutare l'alba.<br />Mi è stato suggerito, in questi casi, di leggere qualcosa che mi annoi mortalmente. Questo potrebbe in effetti funzionare, se non fosse che, così facendo, dopo poco mi ritrovo inesorabilmente a seguire i caratteri solo con gli occhi, come se fossero segni privi di significato, mentre la mente lavora assai più prolificamente a fantasie di un qualsivoglia altro genere, che comunque in definitiva non facilitano il sonno; e in ogni caso, se anche così non fosse, l'edonismo di cui sono preda in questo periodo mi impedirebbe fisicamente di occuparmi di qualcosa che non mi interessi, ripagandomi in quelle occasioni con un vero e proprio malessere somatico oltre che con un insostenibile fastidio psicologico. Un'intolleranza alla noia, in qualche modo.<br />Stanotte, dunque, ho finito di leggere <span style="font-style: italic;"><span style="font-weight: bold;">L'architettura difficile</span> - filosofia del costruire</span>, di Nicola Emery, edito da Marinotti. È di questo che si sarebbe dovuto occupare il post di oggi, ma devo arrendermi per l'ennesima volta alla dolorosa constatazione che le mie capacità oratorie sono assai più inclini a lasciarsi mettere a frutto nel futile piuttosto che nell'utile. Di conseguenza, non so neanche se sia o meno il caso di accennare una critica al testo: non confidando molto nella scorrevolezza della mia scrittura, temo infatti di aver ben superato il quarto d'ora di attenzione a mia disposizione in quanto blogger, con questa interminabile serie di fandonie.<br />Sarà per il prossimo post, allora. Che brivido, che suspance!<br /><br /><a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="http://img186.imageshack.us/img186/9628/img076pj9.jpg"><img style="margin: 0px auto 10px; display: block; text-align: center; cursor: pointer; width: 320px;" src="http://img186.imageshack.us/img186/9628/img076pj9.jpg" alt="" border="0" /></a><br /><br /></div>Maathttp://www.blogger.com/profile/05227988644071527552noreply@blogger.com9tag:blogger.com,1999:blog-19526912.post-69227072076102240792008-05-19T23:53:00.003+02:002008-05-20T00:04:35.036+02:00Menzione d'onore<object width="425" height="355"><param name="movie" value="http://www.youtube.com/v/3BSHyS2jPqc&hl=it"></param><param name="wmode" value="transparent"></param><embed src="http://www.youtube.com/v/3BSHyS2jPqc&hl=it" type="application/x-shockwave-flash" wmode="transparent" width="400" height="320"></embed></object><br /><br /><object width="425" height="355"><param name="movie" value="http://www.youtube.com/v/q7_4j_hrqNo&hl=it"></param><param name="wmode" value="transparent"></param><embed src="http://www.youtube.com/v/q7_4j_hrqNo&hl=it" type="application/x-shockwave-flash" wmode="transparent" width="400" height="320"></embed></object><br /><br /><object width="425" height="355"><param name="movie" value="http://www.youtube.com/v/hIh-O-TFHjs&hl=it"></param><param name="wmode" value="transparent"></param><embed src="http://www.youtube.com/v/hIh-O-TFHjs&hl=it" type="application/x-shockwave-flash" wmode="transparent" width="400" height="320"></embed></object>Maathttp://www.blogger.com/profile/05227988644071527552noreply@blogger.com1