3.7.10

Sguardi non-profetici dal futuro. Virtù, abitudini e vizi legati al riflettere

Se da molto tempo non ho più l'abitudine di scrivere su questo blog, oltre alla patologia Facebook di cui ho già detto a sufficienza, è perché evidentemente i primi sintomi di una maturità di qualche tipo cominciano ad affacciarsi in me allo scoccare del quarto di secolo d'età. Devo quindi aver deciso - a mia insaputa - di mettere in gioco un innato senso del ridicolo e decretare l'inopportunità dell'abitudine di parlare di sé pubblicamente, che rende l'esercizio un vizio, quantomeno in questa modalità.

Tuttavia, questa sera è successo qualcosa che mi ha ricordato quale fosse il motivo che invece allora mi spingeva a superare il suddetto pudore: la necessità di bloccare riflessioni sulle quali è necessario lavorare ancora, magari con l'aiuto di qualcuno che non è me stessa.

E dunque, mi spiego.
Oggi è una di quelle sere in cui in me si verifica un fenomeno che detesto, e che definirei "epifania retroattiva".
Si tratta di un momento nel quale, per uno stimolo esterno che può essere di qualsiasi tipo, i miei pensieri vengono proiettati in un futuro generalmente lontano; allora, mi trovo a guardare me stessa dal di fuori e tutto ciò che faccio ed osservo sembra appartenere ad un passato sbiadito. Per qualche (lungo e malinconico) momento, mi sembra di star sfogliando un album di famiglia vecchio di decenni, con i colori falsati dal tempo, in atmosfere demodé. E, naturalmente, di guardare alle persone che lo popolano come a gente da tempo trapassata.
La dolorosissima sensazione che ne ottengo è di una commossa ma distaccata tenerezza per l'esistenza in generale e per la mia in particolare, quasi una forma di compassione, quale dev'essere quella che una vizza ottuagenaria prova al ricordo della propria irrecuperabile giovinezza.

Non so spiegare altrimenti il dramma costituito dal provare simili sensazioni nei confronti del proprio "qui e adesso".
Nella disillusa consapevolezza che, peraltro, queste epifanie non portano in genere alcun tipo di frutti utili dal futuro, devo concluderne che si tratta di un puro esercizio di masochismo del mio cervello che sente di tanto in tanto l'irrefrenabile desiderio di ricordarmi la caducità della vita.

Ora, che cosa io mi aspetti a valle della pubblicazione di questo post, è un mistero anche per me.
Forse mi interessa sapere se per caso non sono l'unica a sperimentare di tanto in tanto tutto questo; forse no.
Intanto, l'appunto è stato preso, il promemoria registrato.
Per stasera, tanto mi basta. Anzi, mi bastò.