7.11.07

Surrealtà & surrealisti

Vengo or ora da un buon utilizzo del mio unico minuto libero della giornata. Di ritorno da un surreale giretto alla Sovrintendenza archivistica (surreale a causa degli strani personaggi che popolano Palazzo Sagges, prima tra tutti una buffa impiegata tra i cui difetti si annoverano una logorrea agghiacciante ed una bizzarra mancanza della capacità di discernere il limite tra gli argomenti di ordine personale e quelli di interesse generale, nonché mio nella fattispecie, e tra i cui pregi posso di contro registrare un sincero amore per la città vecchia ed una notevole conoscenza dei luoghi della stessa), sono passata a dare un'occhiata ad una delle mostre che vi avevo segnalato: la personale del pittore Valeri Tarasov, intitolata - un po' banalmente, in verità - Stati d'animo, presso la galleria Linea d'Arte, in via De Rossi.
Lì ho scoperto l'interessante artista russo che, se pur alle volte commetta qualche imprecisione tecnica, ha l'innegabile merito di centrare pienamente l'obiettivo della mostra: la rappresentazione di una sospensione totale dello spaziotempo in una dimensione priva di suoni, dai movimenti appena percettibili e lentissimi. I soggetti hanno caratteri fotografici (saranno appunto ricavati da fotografie dell'autore?), ma se pure le loro espressioni sembrano appartenere ad istanti brevi ed irripetibili, il carattere di tutta l'esposizione suggerisce ugualmente che gli attimi si possano dilatare all'infinito, che l'attesa durerà sempre.
Anche le scelte cromatiche sono, a mio parere, molto interessanti. Vaste aree monocromatiche conferiscono un piacevole straniamento alle ombre ed il tutto appare interpretare bene l'estetica e l'umore della nostra contemporaneità.

3 commenti:

Pepenero ha detto...

sono il figlio dell'impiegata logorroica.

Maat ha detto...

E va bene, lo ammetto. Per un attimo ci sono cascata pure, e in quell'attimo il mio cervello ha escogitato ventisette diplomatiche scuse per il mio impietoso giudizio sulla signorotta dalla sciolta parlantina.
Il tutto, poi, reso più attendibile dal fatto che la suddetta mi avesse davvero parlato di un suo figlio, che anche lui aveva studiato nel mio stesso Politecnico e così, sai, la cosa si era fatta quasi credibile.

Maledetto.

Anonimo ha detto...

Hihi. Grazie per le dritte ;)!