28.4.07

Postmoderno, postcontemporaneo, quasi antico


In Casabella 754, Souto de Moura elabora un’interessante analisi del completamento dell’isolato del Banco de España di Madrid, ad opera di Rafael Moneo.
L’analisi è interessante non tanto per il tema del restauro/risanamento, che, a detta dello stesso Souto de Moura, tutto sommato non si è mai spinto tanto più in là della dialettica Ruskin – Viollet-Le Duc; piuttosto fondamentale è stato l’accenno, forse fugace al limite della consapevolezza, alla portata concettuale di un simile intervento in un’ottica di indagine della questione postmoderna.
L’operazione che Moneo porta a termine, per dirla alla breve, costituisce il superamento e la sintesi della sterilità delle due posizioni estreme: né la riproposizione fintoantica del fasto artigianale dello stucco e della pietra intagliata di fine ‘800, né la violenza della rinuncia apertamente propugnata a suon di futuri, lontani o prossimi che siano.
Confesso che il giudizio su questo intervento mi è costato diverse ore di elaborazione mentale. Gran parte di questa difficoltà mi era stata ingenerata dal raffronto che Souto de Moura faceva tra i nuovi rilievi di facciata dell’edificio e il Nudo che scende le scale di Duchamp: se in quelle sculture egli ravvisava (forse) la stessa dignità dei segni avanguardistici dell’allusione cubista, io ci vedevo (quasi) solo un percorso a ritroso dal dettagliato al grezzo, magari ispirato più da necessità di risparmio che da intenzioni dichiarative, o se non altro un’operazione di rasterizzazione un po’ banale, una resa in pixel fuori scala dell’immagine dell’antichità; una cosa, insomma, che salvasse capra e cavoli. La vedo ancora velatamente in questo modo, ma riconosco che l’intervento non è assolutamente di punto rilievo per il verso concettuale, tant’è vero che lo stesso autore dell’articolo non si esime dal citare l’opera di Aldo Rossi (nella fattispecie l’isolato in Schützenstrasse), che, forse a ragione ma probabilmente ormai più per consuetudine diffusa, pare legata da vincolo di biunivocità con quanto l’Italia abbia potuto produrre di postmoderno in architettura.
Ma, a questo punto, la differenza: «una posizione completamente diversa da quella adottata a Berlino da Rossi, secondo il quale il senso derivava dalla simulazione di elementi architettonici storicizzati, fuori scala, riprodotti con materiali plastici – ma, alla fine, eravamo al culmine del post-moderno…», dice Souto de Moura a proposito di Moneo, dichiarando in qualche modo inequivocabilmente che l’era postmoderna è finita e che ne è cominciata un’altra, quella postcontemporanea, come a certi pare di chiamarla. E dunque, che è di tutta la teorizzazione sulla fine delle teorizzazioni? L’epoca postmoderna sarebbe dovuta essere l’ultima delle epoche, per così dire, e dilatarsi nell’infinità del tempo; evidentemente qualcosa è successo ed ha annientato l’esattezza di questa autopostulazione che, pur apparentemente plausibile (e tutto sommato riposante nella sua lapidaria velleità di destabilizzazione), un po’ alla Anselmo d’Aosta si dimostra inesorabilmente fallace. Così, Moneo può superare quel po’ di cattivo gusto anni ’90 da cui in fondo Rossi e qualcuno dei suoi coevi erano affetti, e sintetizzare con una certa grazia e senza più nemmeno l’ultimo timore reverenziale l’antichità e l’oggi-che-vuole-essere-già-domani.
Forse è stata la panacea multimediale a ricostruire il metalinguaggio distrutto dalla caduta del muro? O piuttosto ha accelerato la sua rovina, conferendo all’uomo un così sproporzionato potere comunicativo da ridurre ad ineffabile la realtà, e l’arte con essa? Il salto della postmodernità, pur ammettendo che quell’epoca sia finita (sia per “conclusa” sia per “non-infinita”), può mai essere, esistenzialisticamente, un salto in avanti?

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Marò, l'isolato di Rossi è talmente kitsch da risultare quasi affascinante. :D

Maat ha detto...

Ahahahah :D:D

Certo, è questa l'ottica! Tutti gli anni '80-'90 non si possono apprezzare in nessunissimo campo se non si è pronti a considerare anche il kitsch una forma accettabile di gusto ;)