23.4.07

Lamento

Uns ist kein Sein vergönnt. Wir sind nur Strom,
Wir fließen willig allen Formen ein:
Dem Tag, der Nacht, der Höhle und dem Dom,
Wir gehn hindurch, uns treibt der Durst nach Sein.

So füllen Form um Form wir ohne Rast.
Und keine wird zur Heimat uns, zum Glück, zur Not,
Stets sind wir unterwegs, stets sind wir Gast,
Uns ruft nicht Feld noch Pflug, uns wächst kein Brot.

Wir wissen nicht, wie Gott es mit uns meint,
Er spielt mit uns, dem Ton in seiner Hand,
Der stumm und bildsam ist, nicht lacht noch weint,
Der wohl geknetet wird, doch nie gebrannt.

Einmal zu Stein erstarren! Einmal dauern!
Danach ist unsre Sehnsucht ewig rege,
Und bleibt doch ewig nur ein banges Schauern,
Und wird doch nie zur Rast auf unsrem Wege.


[Herman Hesse, Klage]

Non c'è concesso di essere, noi siamo un fiume
soltanto : aderiamo ad ogni forma
al giorno ed alla notte, al duomo e alla caverna
passiamo oltre: l'ansia di essere ci incalza.

Forma su forma, riempiamo senza tregua.
Nessuna ci diviene patria, gioia o pena
sempre siamo in cammino, ospiti da sempre
e non c'è campo né un aratro per noi e il pane cresce.

E non sappiamo che cosa dio ci serbi
gioca con noi, come argilla nella mano
muta e cedevole che non piange né ride
mille volte impastata e mai, e mai bruciata.

Potessimo una volta farci pietra! durare!
questa è la nostra eterna Nostalgia
e un brivido perdura a raggelarci
e non c'è pace sulla nostra via.

6 commenti:

Anonimo ha detto...

Angosciante, a dire il meno. Comunque ci sarebbero anche da vedere i (pochi) lati positivi (?) di questo eterno scorrimento/mutamento/camaleontismo ecc. Insomma, la pietra mi affascina fino a un certo punto...

Ferenczi ha detto...

Tutto quello che "ci nega" questa poesia, noi lo facciamo. Ma non lo facciamo, lo crediamo. E torniamo a dar ragione a questa poesia.

A ha detto...

Tutto ciò che ci nega questa poesia è ciò che non vorremmo mai avere: Pietra e noia eterni senza divenire.
Forse il bello della nostra esistenza è proprio questa sequenza di attimi tutti uguali a livello temporale e tutti diversi per noi stessi.
Questo eterno fuoco che ci fa tribolare e vagare, da poesia a poesia, da libro a libro, da una foto all'altra, da un' esistenza ad un'altra.
Sul letto di morte ognuno rimpiangerà le peregrinazioni della vita perchè in quel momento diverremo pietra, meglio polvere. E da quel momento tutto sarà immutabile, in un modo o nell'altro. Nell'oblio dell'universo o in questo tanto reclamizzato paradiso.Ma forse meglio tornare atomi nello spazio siderale.
Probabilmente sono andato oltre senza cogliere il senso delle parole di Hesse, ma su certi argomenti faccio fatica a prendermi troppo sul serio...

Maat ha detto...

Che ora vi dessi la mia interpretazione di questo testo, vi assicuro, sarebbe più che inutile, perchè non farei che ripetere una dopo l'altra le parole di Hesse :)

Questi adesso è il mio poeta del periodo: tutto di lui mi parla con mie stesse parole. Per pochi istanti, quando lo leggo, smetto di sentirmi sola. :)

Anonimo ha detto...

Hai ragione Maat (anche se all'immagine della pietra preferisco quella del mare) ma non credi che sentirsi meno soli in compagnia di un fedele libro sia segno di crisi? Non pensi che "un caffè con un amico non valga tutti i libri del mondo"?
Diogene

Maat ha detto...

Sì, ma è pur vero che chi l'ha detto non ha fatto poi una così bella fine ;)

E comunque, con notevole cinismo, mi permetto di dire che c'è libro e libro e amico e amico...
Vorrei davvero che ciò che ho appena detto fosse solo una bestialità. Peccato sia solo verità pura e semplice.