Ogni tanto ritorno a scrivere su questo blog che, per la verità, non solo non ho mai deciso di abbandonare, ma per il mio subconscio è ancora tutto sommato parte integrante della mia attività nel mondo.
Come qualcuno saprà, parte dei motivi che mi portano ad aggiornarlo sempre meno spesso sono costituiti dal fatto che ne ho aperto un altro completamente dedicato all'architettura, e poiché ho ormai un'età veneranda, è bene il caso che orienti il mio tempo alle cause serie più che alle famose "divagazioni" del non sapersi accontentare.
E però, a dire la verità, non è che Il nido sia poi un fattore gravitazionale sufficiente ad esaurire il mio tempo o i miei argomenti; oggi, grazie ad un dialogo assai interessante con Salvatore D'Agostino (http://wilfingarchitettura.blogspot.com/), capisco che è tutta colpa di Facebook.
Facebook sembra fornire il massimo livello di libertà individuale nel livellare qualsiasi gerarchia permettendo, almeno in linea di principio, il contatto del contadino tailandese con il presidente degli Stati Uniti.
Se è vero che anche i blog costituiscono un rivoluzionario strumento di democratizzazione, permettendo a chiunque di condividere qualsiasi cosa, abbia essa un qualche valore o meno, essi conservano ancora una struttura che lascia all'utente della rete una vastissima libertà di scelta circa il numero e la tipologia di blog da seguire e stabiliscono così ancora una scala di valori che si può definire meritocratica: un bravo blogger avrà molti lettori; un pessimo blogger scriverà solo per sè. In sostanza, una scala basata sul buonsenso.
Facebook ne è completamente privo. Il meccanismo dell'"un'amicizia su facebook non si nega a nessuno" e l'assoluta impossibilità di indicare una scala di priorità nei legami con tali amicizie generano un bombardamento di informazioni completamente inutili e per lo più fastidiose che è impossibile disciplinare in qualsiasi modo. I pochi strumenti a disposizione per modificare le opzioni di visualizzazione delle notizie, infatti, comprendono soltanto scelte bistabili (ON/OFF) da operare nei confronti delle persone anziché di quello che esse condividono (fatte salve alcune applicazioni). Tale livello di personalizzabilità del servizio è assolutamente inaccettabile per quello che si ritiene ormai lo strumento principe del web 2.0.
Ma veniamo al dunque.
Questa inutile, dannosa sovraesposizione a fatti di importanza meno che nulla (tecnicamente: stronzate) e/o a loro descrizioni di livello pre-alfabetico annichilisce il desiderio del blogger "tradizionale" di condividere ulteriori informazioni, benché magari strutturate e circostanziate a dovere, perché a un livello anche conscio egli raggiunge il troppo pieno prima ancora di metter mano alla tastiera.
Questo per dirla alla maniera meno dolorosa possibile. A voler guardare più a fondo, in realtà, probabilmente c'è anche dell'altro.
Facebook sta uccidendo i blog, in sostanza, e non sono certo solo io a dirlo. Solo che me ne sono resa conto soltanto adesso, considerando l'effetto sulla mia stessa persona. Perché erano nati i blog, sarebbe a questo punto da chiedersi? Per desiderio di condivisione. Un desiderio alle spalle del quale c'è, ovviamente, una percentuale altissima di esibizionismo proprio della maggior parte degli esseri umani.
Bene, tale desiderio di condivisione/messa in mostra di sè trovava con i blog la possibilità di tradursi nella diffusione rapidissima di contenuti anche di grande interesse. Trasformava potenzialmente vizi in virtù.
Facebook, al contrario (esasperando tra l'altro una tendenza già presente in Twitter) altro non è che un sito che fornisce per via endovenosa sostanzialmente la stessa dose di soddisfazione generata dall'aver mostrato qualcosa di sè a qualcuno, ma nella forma al più di una frase associata al proprio nome (eredità del messaggio personale di Messanger) o di un link, o di un test. Poco di più. Lo stesso strumento delle note è fallimentare nella sua assoluta scomodità.
Non è difficile quindi cadere nella trappola: perché non c'è miglior modo di far tacere chi ama chiacchierare che riempirlo di chiacchiere consentendogli di rispondere a monosillabi.
Allora, il mio appello è ai tanti bravi blogger che conosco. Non smettete per nessun motivo. E usate Facebook il meno possibile. Lo usate già poco? Usatelo la metà di quel poco. E attenzione ai contentini.
P.s.: se per caso questo post vi avesse generato un qualche desiderio di rispondere, non fatelo su Facebook. Venite qui, bussate alla porta di quelli con cui vi interessa davvero interagire. E imparate a ignorare tutti gli altri.