16.9.07

Wilkommen daheim. Vìtei zpatkj. Bienvenidos. Bentornati.


«Se al mattino ti alzi senza provare dolore,
sappi che sei morto.»
Adagio russo

Un incipit di discutibile gusto, se volete, e non ho da contraddirvi; ma questo è l'umore al ritorno dal lungo giretto che dalle wiener Sternen (?) mi ha portato a los establos Valencianos (!) con un diminuendo costante (e con una traduzione, è ovvio, assolutamente maccheronica).
Se il mio ritorno alla produzione su questo blog sia convinto o meno, non saprei dirlo: sto riscoprendo la gioia della comunione segreta dei miei pensieri con me stessa, ma mi sento anche tremendanente sola.

Il discorso sul mio destino si sta facendo sempre più strada tra gli altri e rischia di monopolizzare le mie cervella.
Ho paura di aver sbagliato tutto. So, se c'è mai qualcosa al mondo che io abbia saputo, che non potrò vivere se la mia vita non sarà la vita di un'artista; ma sono sprovvista di talenti particolari, oppure le migliaia di idee che il mio cervello produce ogni giorno soltanto chiedono che io mi dedichi loro, che io dia loro voce, che io mi decida a prendere in mano un benedetto pennello, o una chitarra, o una penna... mentre la paura di abbandonare il resto mi schiaccia, ed io non so. Non so più nulla.

Il fallito rifugio in emozioni elementari, hollywoodiane, è l'altra faccia del mio anelito impossibile alla bellezza delle cose complesse. I giganti mi schiacciano. Le stelle sono gelate. Esistono persone in grado di provocarmi sofferenza per il loro solo esistere, ed io le amo per questo.

Quando la gente asserisce di essere in cerca di un senso per la propria esistenza, intende davvero ciò che intendo io? Si sentono davvero tutti così, come un bambino con un'armatura medievale addosso, che non riesce a tener su la spada? Come chi, risvegliato da morte apparente, cerchi di risalire a galla del mucchio di corpi della fossa comune, seguendo il bagliore tra le membra putrescenti, cercando il profumo dell'ossigeno?
Finirà mai questa mia sete di un riscontro epico alla mia passione? Quanto forte dovrò gridare giustizia per farmi crocifiggere? Perché mi sento sempre un feto in attesa di nascere?

Le foto che avete visto sono qualcosa di questi viaggi guardata con i miei occhi. L'unica foto non mia è la terza, e ringrazio per essa Silvia che me l'ha concessa tenendo fede al comunismo fotografico (da ciascuno secondo la propria disponibilità di memoria SD a ciascuno secondo la propria necessità di immortalare) che ha caratterizzato tutto questo pellegrinaggio.
Prosit,

Maat

6 commenti:

Anonimo ha detto...

Io non riesco ancora a capire se il destino sia una ricerca o una maledizione.
Perché ad inseguire il desiderato avverarsi delle promesse mi sono spesso trovato in tutt'altre terre, stando fermo le mie cose sono venute da me.
Chissà se ci si può realizzare. Davvero. Fino in fondo. E chissà quanto ciò è possibile per il nostro impegno e quanto per fortunate circostanze esterne.
In compenso la tua foto con quel gattone è a dir poco divina.

Maat ha detto...

Hai detto:
Perché ad inseguire il desiderato avverarsi delle promesse mi sono spesso trovato in tutt'altre terre

Ah, non dirlo a me. Proprio l'altro giorno consideravo che, per quanto poco ci ho mai preso nel prevedere il mio futuro, come niente finisco ad insegnare Meccanica Razionale in Abruzzo. Con tutto il rispetto per l'Abruzzo, eh, ma sai, hanno quel pane...

E inoltre:
Chissà se ci si può realizzare. Davvero. Fino in fondo.

Buona domanda. Se mi conosco, per me la risposta è no; ma abbiamo visto come non mi conosca. Quindi sì? Boh. Resta che la domanda è una buona domanda, ma bisognerebbe forse chiedersi cosa mai si debba realizzare per dirsi realizzati. Deo gratias non credo che esistano manuali d'uso e manovra per queste cose. Mi sento quasi un po' Ligabue quando parlo così - e non lo dico certo per il bene.
Ma dicevo: deo gratias senz'altro la realizzazione è irrealizzabile; o quanto meno lo è per chi rientri in quel discorso che facevo, per chi rientri, insomma, tra quelli che scavano tra i cadaveri. Che cercano la luce là in mezzo. Tra quelli che al senso ci badano per davvero.

Sei uno di loro, sei uno di noi, Mozzylla?

Anonimo ha detto...

Sei uno di loro, sei uno di noi?
Ma io non ho capito bene cosa sei tu, da come parli (quelli che scavano tra i cadaveri) sembri una sorta di becchino esistenzialista, un saprofago del divenire. :)
Sì, forse sono un cassamortaro anch'io - sai, il nero, in fondo, mi dona.
Buona giornata

prostata ha detto...

Fortissimo l'alternarsi di colori, forme e posti... purtroppo penso che occorra anche la famosa, tradizionale botta di culo per aiutare a sbarazzarsi dell'armatura.

TheLegs ha detto...

Secondo me (ma, ovviamente, ammetto di basarmi su pochi elementi) hai in te quella semenza giusta per far crescere un po' qualsiasi lato della tua creatività.

Non curarti del fatto che nel perseguire una qualche determinata strada possa rischiare di abbandonare il resto. Se lo fai con calma e con la dovuta progressione, arriverà da sé il momento di capire se è il caso di dedicarsi unicamente a quella strada. Per il resto puoi dedicare tempo a questo e tempo a quello.

Preoccupati solo della tua volontà, cara Maat. E dovrebbe diventar più semplice.

Bentornata, di cuore. :)

Maat ha detto...

Grazie The Legs, confesso che quanto mi hai detto mi rincuora più di qualsiasi altra cosa.

All'opera!
Maat