Ho elaborato una mia nuova dichiarazione di poetica.
A voler sentire Giedion su Le Corbusier, «solo il fanatismo e l'ossessione concedono la capacità di non affondare nel mare della mediocrità».
Non posso che concluderne di aver errato a voler cercare, fino ad oggi, di elevarmi in qualche modo al di sopra del rango cosiddetto mediocre del genere umano. Ma sono andata oltre: il mio fatale errore non è stato tanto quello di pensare di essere in grado di riuscire nell'impresa, non essendolo; l'inciampo consiste nel voler dare alla mediocrità un carattere di melmosa negatività.
Realizzo oggi, proprio al contrario, di essere Mediocre non per non riuscire in nulla, bensì per non aver alcuna voglia di concentrarmi fanaticamente ed ossessivamente su una sola cosa per emergere in quel campo soltanto.
Sarà un mio difetto congenito, non so; quel che ho imparato di me è però che sono affetta da un eclettismo talmente radicato che non sono capace di dedicarmi a qualcosa senza soffrire di un malessere quasi fisico nel trascurare qualcos'altro a vantaggio di quella. Il mio destino dunque è e sarà la Dilettanza. Tutto mi diletta e in nulla potrò per questo esser più che dilettante. Il sacrificio di una fama personale trova allora una qualche intima valenza etica in una ricchezza totale che è povertà totale.
Predico questa nuova poetica come l'ammissione del calzarmi a pennello del "chi troppo vuole". Non senza un dolore inestinguibile. Non senza un desiderio insaziabile e ruffiano di una felicità ignorante. Non senza una tristezza destinata a non trovare sollievo.
Et mon être réaliste, enfin, se célébre dans l'attente, car toujours je demande l'impossible.