18.9.07

È un problema di spazio

Anche la disperazione impone dei doveri
e l'infelicità può essere preziosa
non si teme il proprio tempo è un problema di spazio
non si teme il proprio tempo è un problema di spazio

[CSI - La linea gotica]

Basta, occorre che io scriva.
Ragazzi, amici bloggers baresi, vi chiamo ad esprimervi su una questione per me fondamentale.
Pur non potendomi dire propriamente vicina alla laurea, sento ormai da tempo il peso delle risoluzioni che ci si aspetta che io prenda riguardo al mio imminente futuro.
Come sapete, il mio campo (mio? E da quando? Quanti dubbi ancora irrisolti m’impediscono di abbandonarmi completamente alla vocazione?) è l’Architettura con tutti i suoi dintorni, e come certo anche saprete, Bari non è una città in cui per un architetto sia poi semplice trovare risposta alle proprie aspirazioni. Dunque, sembra prospettarsi per me quasi ovvia la scelta della partenza, prima o poi; se io lo voglia o no, non è né chiaro, né a quanto pare importante.
Certo, ho avvertito spessissimo chiari segni da parte mia di una sincera vocazione al nomadismo. Ho voglia di stare per un po’ in un posto dove mi sia necessario parlare un’altra lingua, e poi un’altra, e poi un’altra. Non che non ami la mia, tutt’altro, mi sapete senz’altro feticistissima al riguardo. Ma così, per cambiar aria, per imparare tutto ciò che la mia storia personale mi ha impedito di apprendere finora.
Ma l’altra faccia di questa medaglia (al valore perduto) è il dolore che già oggi provo al pensiero della partenza. Lasciare tutto ti sradica, bando ad illusioni contrarie, ed io ho paura. Paura di ascoltare per telefono quella voce strana che mia madre fa quando sono lontana, anche solo per poco: una voce diversa, una voce per estranei. Ho paura di non poter vedere i miei invecchiare e mio fratello diventare un uomo. Per come son fatta, prima o poi gli impegni mi fagociterebbero, e riuscirei a vederli pochissimo. Talmente mi fa soffrire questo che scrivo, colleghi, che lo faccio a fatica.
Eppure, qui non si può restare. Per quanto io l’ami, questa città è una delusione continua. Per qualsiasi minuscola cosa ci si deve scontrare contro muri di disperazione, di noia, di indifferenza, di sonno. Io la difendo a spada tratta sempre, la mia tana; fronteggio detrattori di tutte le specie, con tutti gli argomenti che posso, primo l’orgoglio.
Ma poi, quando resto con te da sola, mia patria malata, sei proprio tu ad allontanarmi. Non è così? Come la lupa amorevole con il cucciolo ormai grande.
Che devo fare?
Sperimentare la vita vera al di là della linea d’ombra? Scoprire di quanto mi sono privata fino ad oggi, dolermene tanto da non riuscire ad impadronirmene, e tornare con la coda tra le gambe? Oppure, mandare tutto al proprio fanculo, scappare, sperare di sfondare (dove? chi?), dimenticare il resto?

Ecco che qui ricorro al vostro capezzale, allora, voi che conoscete ciò di cui parlo, fratelli miei!
Io conosco certi di voi, come me, che hanno ancora speranze per questa città. Che farete? Resterete? Se solo fossimo così tanti, così forti da ricostruire ciò che anni di silenzio hanno distrutto… Riempiamo Bari di gallerie d’arte, di movimento, parliamo! Che ci sia ad ogni angolo musica e colore; che si formino salotti, riviste, opinioni; che s’ami quanto c’è da amare, ed odi quanto lo occulta.
Vi prego, io andrò via, ma voglio tornare; ditemi che lo faremo tutti, che ci sarà un futuro per il luogo in cui siamo nati!


8 commenti:

TheLegs ha detto...

Dal piccolo della mia esperienza, vedo che chi lascia Bari per studio o per lavoro ha sostanzialmente due atteggiamenti.

Uno è quello di chi lascia una città ingrata. Son quelli che finiscono per rinnegare la città d'origine, e preferiscono sentirsi "adottati" dalla nuova.

L'altro è quello di chi vuole provare una nuova esperienza, ma poi si rende conto di avere dei legami solidi con il luogo che ha lasciato, una sorta di vera e propria nostalgia. Gente che a volte è indecisa se tornare o restare, a volte si fa animo e a volte cede e ritorna con una sensazione a metà tra la soddisfazione e il fallimento.

Senza pretesa di generalizzazione, mi sembra che i secondi, rispetto ai primi, abbiamo "vissuto" la città in numerosi suoi aspetti. Bari è una città strana, di quelle che o si ama o si odia, ma quando non la "vivi" non puoi di certo amarla.

Fatte queste considerazioni, se ti ci ritrovi, credo che dovresti soppesare i pro e i contro della tua scelta. E se hai voglia di andar via ma temi che proveresti nostalgia, non devi vedere la scelta di rimanere come un fallimento o cosa. Anzi.

E comunque avrai innumerevoli occasioni di andar via (anche per soli pochi giorni, come me - perché sì, in realtà il BloggerTour riuscirò a farlo in un anno semplicemente perché ogni tappa durerà non più di 3 giorni per volta e sostanzialmente solo in alcune città ^^).

Maat ha detto...

Sarà il guazzabuglio emotivo del momento, sarà la mia tensione fisiologica ad ingarbugliare tutto, sarà questo, sarà quello, ma non riesco a vederla con così tanta leggerezza.
Spero di riuscire a tirarmi presto fuori da questa situazione di stallo. Per il momento, farò la cosa che mi riesce meglio: aspettare.

Anonimo ha detto...

Un po' è colpa della mia giornata pesante se parlo così.
Ricorda che le rivoluzioni si fanno quando si possono fare. Non si può cambiare le cose a tuo o a mio piacimento: quand'è ora che le cose cambino, allora troverai il tuo spazio in questo rinnovamento. Altrimenti saresti una sterile cattedrale.

Non mi azzardo a suggerirti nulla, io che sono abbastanza fortunato da non vivere i drammi di voi ragazzi del Sud divisi in più parti. Però il nomadismo è l'ipotesi che mi piace di più :)

Aldievel ha detto...

Mi intrometto nella discussione pur non essendo barese.
Io me ne sono andato da casa da quattro anni buoni.
La cosa non è piacevole da tanti punti di vista, ma il desiderio di vedere qualcosa oltre la brulla provincia e di uscire da un ambiente che non ha spazi per chi non è "FIGLIO DI" e sopratutto la necessità di formarsi e di lavorare ti spingono a partire.
Talvolta accontentarsi non è giusto nei confronti di se stessi e spostarsi è un dovere.
Tante volte, così è anche nel mio caso, il posto che ti ospita ti piace molto più del paese/città dove sei nato e sei disposto anche a sacrificare gli affetti familiari pur di vivere a pieno la tua vita ed avere delle possibilità.
L'altro lato è la nostalgia di posti vissuti per quasi vent'anni,odori,rumori,persone,impressioni e affetti...
Ma pian piano si supera tutto e rimane solo per qualche ora all'anno l'amaro in bocca, mentre guardi dal finestrino il paesaggio che cambia e le montagne che si allontanano.
Se non ci sono prospettive vivibili la soluzione è partire cara Maat.
A bientot

Jack Frusciante ha detto...

E' un problema di spazio e di tempo ma entrambi non sono infiniti e questo è il solo problema. La tua angoscia è voracità, nella vita è tutto un problema di scelte. Ti manca il coraggio di scegliere, forse per troppo amare quello che dovrai scegliere di abbandonare, che sia un luogo, una passione, un tempo. E non è forse il peggiore uso del tempo e dello spazio quello per cui non volendo scegliere si cerca di tenere i piedi in tutte le scarpe rimanendo, di fatto, immobili? Un collega dopo pochi giorni di lavoro, mi disse "chi lavora sbaglia, chi non lavora non sbaglia". Avevo infatti commesso un errore. Nessuno se ne rammaricò, anzi sembravano contenti, perchè mi davo da fare. Per l'errore pazienza. In compenso c'era dell'altro. Devi scegliere. Magari sbagli, ma vinci molto di più scegliendo. Certo io sono maestro, voglio vivere la seconda volta le mie scelte immaginando quello che avrebbero potuto essere e non sono state. Ma certo non mi pento: ho fatto delle scelte nella vita, non sono rimasto lì da solo col mio punto interrogativo. Le cose non si possono giudicare da fuori, le devi fare. Non ci pensare più. Come Ismaele, se ti prende l'ipocondria, imbarcati. Ovvero se non la reggi, se la tua tensione ti porta fuori, vacci pure. Provaci. Niente è per sempre. Abbi il coraggio di provarci, e poi se credi abbi anche il coraggio di rinunciare, avrai amato il nuovo e la terra abbandonata e ritrovata molto di più. Io ti dico: aspetta la laurea, cerca quello che VUOI fare qui e fuori da qui, segui le selezioni, vaglia le proposte, ed inizia il cammino. Se il cammino non ti piacerà lo cambierai, ma perchè fasciarsi la testa ? Io non sono partito ma ero pronto a farlo, ho fatto selezioni che mi avrebbero anche portato altrove. La vita è andata così. Chi ti dice che non lo farò, domani ? Perchè no ? Questa è la domanda. Se non c'è nessuno motivo valido perchè tu non debba fare una cosa oltre ogni ragionevole dubbio, allora devi proprio farla, a dispetto delle tue sensazioni. Chi non riesce a scegliere deve solo rendersi consapevole della propria nevrosi, della propria paura di vivere e quindi di morire. Con la consapevolezza si risolve ogni dubbio. Nel frattempo vivi, ama, crea, parla, suona, dipingi, MA FALLO! La tua Utopia è un posto dove la gente crea e ci sono solo arte e musica ovunque, e dov'è? E non c'è forse traffico, smog, delinquenza, indifferenza, dabbenaggine, odio razziale o altro ? Cosa cerchi la città perfetta ? Non pensare troppo alle cose, falle. Parlo per esperienza. Se le mie mille passioni fossero rimaste nel chiuso egoistico ed egocentrico del mio io autorefernziale, non avrei conosciuto le passioni di altri come me, e non avrei saputo coltivarle. Invece non è andata così. E quanti compagni di cammino! Senza andar troppo lontano dal civico di casa mia... Se ci vediamo di passo un disco di Paco De Lucia del 1981 che mi hanno appena regalato, voglio proprio vedere se non muove anche le dita e le corde della tua seicorde impolverata! ;-)
P.S. e non dirmi che ti senti sola. Ti interessava il jazz forse ? E il concerto, quando ? O forse sei più contenta di piangerti addosso per giustificare a te stessa la tua condizione ?
Sono crudo ? Forse non posso permettermelo... so che mi comprenderai. Bussa quando vuoi...
Baci

simona ha detto...

rossella io e i miei brividi ti scriviamo commossi, sembra che i tuoi inviti siano cuciti appositamente su ciò che anch'io scriverei in quei precisi momenti.
il discorso casca bene anche per me, sono in una situazione di perfetto imbarazzo, mi rendo conto di vivere in una città maledettamente contraddittoria, che si sa amare alla follia e che con la stessa facilità sa deludere ed amareggia. sono reduce da una due giorni di ciceronaggio per bari e trovare le parole che giustifichino le ingiustizie della fibronit, degli sgorbi urbanistici poco oltre quel romanico che acceca, dei cumuli di spazzatura che continuano a fare parte dell'arredo dei vicoli di barivecchia, dell'onnipresente puzzo di fogna e di troppa altra roba, è sempre molto doloroso. e immagino l'insofferenza sia enfatizzata per una testimone privilegiata del paesaggio come te, che consuma libri e strade sognando giustamente una Sforzinda da vivere e camminare senza l'inceppo della bestemmia. sono incazzata con chi non ha mai saputo sfruttare la rendita di posizione della nostra città, con le istituzioni a cui il problema del territorio dovrebbe competere molto più sensibilmente, con noi abitanti ingrati ed immobili. ma lo sono anche con i ventenni che cercano nella fuga irrazionale e pepetua la sola possibilità di risposta a ciò che ci riguarda da vicinissimo. io scapperò, a gennaio mi porto il fagotto in una nazione in cui ripongo da sempre una grande fiducia e che dubito potrà mai deludermi. vado via per sei mesi, con una grande ansia e voglia di conoscere, con la paura di essere trattenuta oltremodo e tempo ma con la promessa a me stessa di ritornare arricchita nella mia terra, lì dove l'esperienza estera può solo aiutare. con la speranza di poter applicare il mio sapere in quel piccolo che potrei modificare. va via se lo ritieni giusto per te e per il tuo avvenire, va via perchè la tua futura professione deve nutrirsi necessariamente dell'elemento ottico, quello che si potenzia solo dopo aver tanto vagato, conosciuto e toccato. i tuoi affetti non possono non capirlo, la tua terra ti perdonerà quando tornerai, perchè tornerai, e tornerai più forte e motivata a forgiarla in funzione di ciò che avrai visto ed interiorizzato.
un forte abbraccio..

Anonimo ha detto...

Se solo fossimo così tanti, così forti da ricostruire ciò che anni di silenzio hanno distrutto… Riempiamo Bari di gallerie d’arte, di movimento, parliamo! Che ci sia ad ogni angolo musica e colore; che si formino salotti, riviste, opinioni; che s’ami quanto c’è da amare, ed odi quanto lo occulta

Io continuo a sperare che si possa fare... e comunque ho deciso di partire per aver voglia di tornare e tornare per aver voglia di partire ancora!
Chi dice che una scelta escluda l'altra? e perchè devo scegliere proprio quando farlo mi precluderebbe qualcosa?
E' vero ciò che dice jack, bisogna scegliere... ma per tentare un'alternativa piuttosto che un'altra, e assolutamente mai per escludere una delle due. Questo è ciò che penso io. Del resto, tante cose le sceglierà la vita per ciascuno di noi... e su quelle non c'è appello!
E' vro, Bari non offre nulla o quasi. Ma davvero la risposta può essere andare via? Non so!
D'altra parte, però, dover parlare un'altra lingua e riempire i propri occhi di cose nuove e diverse è sicuramente una delle cose più belle!
...Insomma, come al solito brancolo anch'io nel dubbio.
Specie oggi pomeriggio! :o)

Anonimo ha detto...

Mio padre è un costruttore,vive in questa città da 58 anni e lavora da 38 anni qui.Dice di bari"E' una giungla selvaggia"...se te lo dice un uomo con le rughe profonde e la voce cavernosa(tre pacchetti al giorno di sigarette) ti diro'...fa il suo effetto.
Bari ti soffoca e ti deprime.
Puoi commuoverti a guardare le meraviglie di Bari vecchia,le case,le strade,il mare...ma questo non ti basterà per sempre.
E la famiglia?Te la devi portare nel cuore.